L’arrivo di Joel Pohjanpalo al Palermo ha riacceso entusiasmi e aspettative, ma al tempo stesso ha risvegliato una serie di dinamiche ricorrenti che la città conosce bene. Come evidenziato da Davide Enia su Repubblica Palermo, la storia, seguendo il pensiero di Vico, sembra tornare a ripetersi, intrappolata in un ciclo di corsi e ricorsi che si riflettono anche nel calcio.

L’asse Venezia-Palermo: il punto di partenza
Un primo parallelo che Enia mette in evidenza è quello tra Palermo e Venezia, due città di mare che, oltre a un’antica storia portuale, hanno condiviso anche una figura chiave nel passato recente: Maurizio Zamparini. Il presidente che portò Palermo nella sua era d’oro calcistica, dopo aver lasciato Venezia, regalò ai rosanero una Serie A attesa per oltre trent’anni, dando vita a una delle feste più imponenti della storia cittadina.

«Venezia come tassello di un inizio che si spera sia felicissimo, che possa giungere il prima possibile» scrive Enia, individuando in questo binomio un segno di ripartenza.

Il mito dello straniero: attese e riscatti
Il secondo tema affrontato nell’analisi di Repubblica Palermo è quello della figura salvifica dello straniero, di cui Pohjanpalo sembra diventare il nuovo emblema. Enia riflette su come Palermo sembri sempre in cerca di un Messia, un salvatore che arrivi dall’esterno e che possa guidare la città fuori dalle difficoltà, non solo calcistiche.

«La città storicamente divora i suoi talenti, mortificandoli, ignorandoli, obbligandoli alla partenza» sottolinea Enia, evidenziando come Palermo spesso non riconosca il valore di chi nasce al suo interno, ma al tempo stesso sia pronta a dare il cuore a chi viene da fuori, nella speranza di un riscatto collettivo.

Lo scetticismo che non cambia mai
Infine, Enia analizza il terzo grande ricorso storico: la diffidenza cronica, quel senso di disincanto che accompagna ogni nuovo arrivo, ogni nuovo progetto. Se da una parte c’è entusiasmo, dall’altra c’è già chi aspetta il primo passo falso per dichiarare che “’U Vichingo’ un serviva a niente”.

«Sognare richiede uno sforzo che non tutti sono pronti a fare» scrive Enia, descrivendo come Palermo sia una città divisa tra speranzosi e cinici, tra chi è disposto a credere nel cambiamento e chi invece trova conforto nel pessimismo, perché negare ogni possibilità di miglioramento diventa una giustificazione per l’accettazione del degrado.

Palermo, il calcio e la memoria collettiva
Come conclude Enia, la storia del calcio a Palermo è il riflesso di una città che cerca riscatto ma spesso dimentica troppo in fretta. Oggi il simbolo di questa eterna oscillazione tra sogno e realtà è Pohjanpalo, soprannominato “Pìgghia ‘u palo” o “U Vichingu”, ma domani toccherà a qualcun altro. E senza memoria, non è possibile alcuna salvezza.