Monreale, funerali e rabbia: “Lo Stato non li ha protetti”. Caccia al secondo killer

Nel Duomo le parole dei familiari si trasformano in un grido di accusa. Intanto proseguono le indagini: si cerca l’uomo alla guida della moto nera e la pistola di Calvaruso

Sotto lo sguardo austero del Cristo Pantocratore del Duomo di Monreale, le parole diventano pietra. Lacrime, applausi, silenzi carichi di dolore: i funerali di Andrea Miceli, Massimo Pirozzo e Salvatore Turdo, i tre giovani uccisi nella strage del 26 aprile, sono diventati una solenne richiesta di giustizia.

Come racconta Virgilio Fagone sul Giornale di Sicilia, le voci dei familiari si sono alzate come un’accusa diretta allo Stato. «Sabato notte non c’era nemmeno una pattuglia», ha denunciato Ilenia Galante, cognata di Andrea. «La strage si poteva evitare. Le istituzioni devono proteggerci».

«Perdonare? Adesso è impossibile»

Tra le parole più toccanti, quelle del fratello di Massimo, Marco Pirozzo: «In questo momento è impossibile perdonare. Non abbiamo sentito la vicinanza di chi comanda. Non ho fiducia nello Stato, ma spero che venga fatta giustizia».

Accanto a lui, la madre Antonella Ciolino, annientata dal dolore: «Massimo era bello come il sole, un cuore generoso. Ringrazio chi ci è stato vicino».

Nel Duomo di Monreale, assenza pesante delle Istituzioni, per volontà delle famiglie. Ma la presenza del sindaco Alberto Arcidiacono è stata costante: «Oggi Monreale è in ginocchio. Ma non per paura, per amore. Andrea, Massimo e Salvatore erano ragazzi splendidi: che il loro spirito puro ci guidi».

Dalla Curia, l’arcivescovo Lorefice e il vescovo Isacchi hanno firmato una lettera aperta: «Serve vicinanza alle famiglie, ma anche agli smarriti. Nessun capro espiatorio: serve responsabilità collettiva per spezzare la spirale di violenza».

Anche il sindaco di Palermo Roberto Lagalla ha inviato un messaggio: «L’abbraccio simbolico della città alle famiglie. Queste morti ci impongono un impegno costante contro la sottocultura dell’odio e dell’illegalità».
Le indagini: si cerca il complice e la pistola

Sul fronte investigativo, come riporta Fabio Geraci sul Giornale di Sicilia, l’attenzione si concentra su un altro uomo: il passeggero della moto Bmw GS nera, di grossa stazza, visto sparare accanto a Salvatore Calvaruso, l’unico finora arrestato. Le testimonianze non chiariscono del tutto la dinamica. Uno dei presenti ha detto: «Ho visto un uomo robusto sparare, ma c’era troppa confusione».

Nicolò Cangemi, uno dei due feriti, ha raccontato: «Ho provato a fermarlo, l’ho colpito, ma siamo caduti e qualcuno ci ha separati. Poi ho sentito lo sparo che mi ha colpito alla gamba. Tutto è successo in un attimo. Dopo è arrivato un altro scooter e anche loro hanno sparato».

Si cerca anche la pistola di Calvaruso, che l’uomo dice di aver gettato lungo la strada panoramica. Gli investigatori stanno analizzando le celle telefoniche per confermare le presenze nella zona e incrociare i dati con i tabulati. L’obiettivo è risalire a tutti i complici, ricostruendo con precisione la rete di contatti prima e dopo la strage.

Verso nuovi sopralluoghi

Nei prossimi giorni sono previsti ulteriori sopralluoghi in via D’Acquisto, teatro della sparatoria, per perfezionare l’analisi balistica e determinare la traiettoria dei colpi. Un passaggio decisivo per attribuire singole responsabilità con il supporto della polizia scientifica.

La ferita di Monreale è ancora aperta. Ma la città – e con essa l’intero Paese – chiede verità, giustizia e sicurezza. E non accetterà il silenzio.