Gazzetta dello Sport: “Addio a Enzo Ferrari. Aveva allenato Zico e vinto al Bernabeu”

A 82 anni si è spento Enzo Ferrari, allenatore e uomo di calcio che ha attraversato generazioni con uno stile inconfondibile. Il nome, già di per sé impegnativo, evocava inevitabilmente il mito della Formula Uno. Ma chi conosce il pallone sa che anche il “secondo Enzo Ferrari” aveva lasciato il segno. Soprattutto negli anni Ottanta, quando fu protagonista sulla panchina dell’Udinese, guidando nientemeno che Zico, il numero 10 del Brasile al Mundial ’82.

Come racconta Sebastiano Vernazza su La Gazzetta dello Sport, ridurre la figura di Ferrari al ruolo di “coach di Zico” è però una semplificazione ingiusta. Ferrari fu innovatore, allenatore dal gioco moderno e anticipatore di alcune dinamiche che sarebbero poi diventate tipiche del calcio post-sacchiano. Nella stagione prima dell’arrivo del brasiliano, portò l’Udinese al sesto posto in Serie A, dimostrando di avere idee chiare e coraggiose.
Dissidi, sogni e una storica notte al Bernabeu

Con l’arrivo di Zico le cose non andarono come previsto: la squadra chiuse nona e l’anno successivo, con il brasiliano a mezzo servizio e Luis Vinicio in panchina, finì addirittura dodicesima. Ferrari, critico verso la gestione atletica dell’asso carioca, dichiarò in seguito:

«Zico è un lusso, costruito per i ritmi blandi del Brasile. Io cercavo un’altra impostazione».

Per ripartire, accettò la chiamata del Real Saragozza, diventando uno dei primi tecnici italiani moderni ad allenare all’estero. Lì realizzò un’impresa entrata nella leggenda: vincere al Santiago Bernabeu contro il Real Madrid, 2-1, il 10 febbraio 1985. Ferrari fu il primo tecnico italiano a espugnare il tempio blanco, un traguardo che testimonia la sua visione e il suo valore.
Un uomo controcorrente, mai allineato

Dopo il ritorno in Italia, Ferrari allenò club di provincia: Triestina, Padova, Palermo, Reggina, Avellino, tra gli altri. Non trovò mai un mecenate che scommettesse su di lui fino in fondo. E lui, ironico e diretto, diceva:

«Non frequento i tele-salotti, non curo l’immagine. Non ho mai trovato un Berlusconi che credesse in me».

Sapeva anche scherzare, definendo la Juventus “il settore ricreativo della holding degli Agnelli”. Un uomo libero, con idee chiare, poco incline ai compromessi.

Il gol leggendario col Palermo

Enzo Ferrari era stato anche un ottimo calciatore. Ala sinistra, si mise in mostra tra gli anni Sessanta e Settanta con Genoa, Udinese e Palermo. Restò nella memoria per un gol straordinario segnato con la maglia rosanero all’Olimpico contro la Roma: un sinistro da oltre 50 metri, forse addirittura 70-80, che beffò Ginulfi grazie anche a una folata di vento.

Come ricorda ancora Vernazza su La Gazzetta dello Sport, era un gesto tecnico iconico, in linea con il suo personaggio: deciso, sorprendente, mai banale.