Palermo-Inter, PSG e Champions. Balzaretti: «La finale te la giochi nella testa, poi la sera la vivi»

Oggi, 29 maggio, non è solo la vigilia della finale di Champions League tra Inter e PSG. È anche l’anniversario di Palermo-Inter, la finale di Coppa Italia del 2011 giocata allo stadio Olimpico, una delle notti più intense della storia recente rosanero. Proprio da quella partita parte il racconto emozionante di Federico Balzaretti, ex difensore del Palermo, che ai microfoni di Cronache di Spogliatoio ha raccontato cosa significhi avvicinarsi a una sfida che vale tutto.
«Avevo visualizzato il gol tutta la settimana»
«Prima della finale di Coppa Italia Palermo-Inter mi ero immaginato tutto», racconta Balzaretti. «Giocavo a sinistra, Ilicic a destra. Sapevo che avrebbero schierato Nagatomo, e tutta la settimana mi ripetevo: “salto sul secondo palo, mi prendo il tempo e faccio gol”».
Una visualizzazione così forte da trasformarsi in realtà, quasi: «L’occasione mi è arrivata davvero. Su assist di Ilicic. Credo fosse mezz’ora del primo tempo, stavamo sotto 1-0 dopo il gol di Eto’o. Vado a saltare, la palla finisce poco sopra la traversa. Non ero fortissimo di testa, ma ci avevo creduto fino in fondo».
«La finale ti entra in testa dal giorno dopo la qualificazione»
Balzaretti entra poi nel cuore emotivo della preparazione: «Una partita di campionato te la immagini uno o due giorni prima. La finale, invece, ti entra in testa dal giorno dopo che hai conquistato l’accesso. Visualizzi ogni dettaglio, ogni movimento. Penso a Lautaro Martinez, oggi: si starà chiedendo come far male a Marquinhos, come combinare con i compagni. Tutto passa dalla testa».
E aggiunge: «La parte di visualizzazione è fondamentale, ma serve anche l’equilibrio emotivo. Devi arrivare con l’energia giusta e non consumarti prima. Il rischio è vivere troppo la partita nei giorni precedenti e arrivarci scarico. L’esperienza ti insegna a non giocarla prima del tempo».
«L’Inter ha un vantaggio: sa cosa vuol dire arrivare in fondo»
Balzaretti, che oggi commenta anche da dirigente e opinionista, vede nell’esperienza un fattore chiave: «L’Inter ha sette-otto giocatori che due anni fa hanno disputato una finale. È un vantaggio enorme, perché sai cosa ti aspetta e come prepararti».
«Il gruppo, le chiacchiere, l’attesa. La finale è anche questo»
Il ricordo si sposta poi su un momento intimo, vissuto nel ritiro della Nazionale prima della finale di Euro 2012: «Il pomeriggio prima della partita nessuno dormiva. Siamo rimasti in dieci a parlare fino alle quattro, anche di cose non calcistiche. Ma tutto girava comunque intorno a quella partita. La finale va giocata la sera, e l’attesa ti consuma».
«Famiglia, messaggi, viaggio: il giorno della finale è pieno d’amore»
Infine, un accenno al lato umano: «Il giorno della finale sei isolato, ma in contatto con chi ami. Organizzare l’arrivo della famiglia, sapere che sono lì… È bello. Ti accompagna. Ti dà forza».