Insulti razzisti in finale: mano durissima della FIFA | “Siamo disgustati”, cosa è successo
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L’incredibile nuovo episodio di razzismo dopo la Supercoppa europea e la durissima reazione del club inglese
Una piaga che continua imperversare, purtroppo. E, negli ultimi anni, nonostante gli appelli, i campi e le tribune sono stati teatro di episodi inaccettabili, che hanno messo in ombra lo spettacolo calcistico. Insulti, cori discriminatori e gesti offensivi hanno colpito calciatori di ogni nazionalità, trasformando il pallone da strumento di unione a terreno di divisione. In Italia, il problema resta vivo: basti pensare ai casi di cori razzisti in Serie A, con partite momentaneamente sospese e sanzioni a carico delle società coinvolte. Tutti episodi in cui, non possiamo negarlo, le ferite si riaprono una volta dopo l’altra
Eppure, c’è da dire che la Fifa e la Uefa hanno rafforzato negli ultimi anni le proprie campagne contro il razzismo, introducendo protocolli sempre più severi. In caso di cori o insulti, l’arbitro può fermare la gara, avvertire il pubblico e, se necessario, sospendere definitivamente la partita. Inoltre, sono state avviate campagne di sensibilizzazione come “No to Racism” e “Respect”, volte a coinvolgere tifosi, club e giocatori in un’azione collettiva di condanna. Questi messaggi campeggiano sugli schermi degli stadi e nelle dirette TV, ma la sfida più grande, quella forse più difficile, rimane nel passare dalle parole ai fatti…
Rispetto a quanto avveniva in passato, però, molti giocatori hanno iniziato a denunciare pubblicamente gli insulti ricevuti, trasformando i propri profili social in strumenti di lotta. In alcuni casi, sono scataate denunce e indagini per individuare i responsabili. In Italia, il dibattito è aperto anche a livello politico: diverse proposte di legge puntano a inasprire le pene per chi si macchia di reati di discriminazione negli stadi.
Ma torniamo ad oggi, perché nonostante le iniziative, la battaglia è tutt’altro che vinta. Gli episodi continuano a verificarsi, segno che il problema non è solo sportivo ma culturale. Il calcio, però, resta, almeno sulla carta, oseremmo dire, uno degli strumenti più potenti per educare alla tolleranza.
Un’incredibile ondata di odio razzista
A ricordarci la gravità del fenomeno è quanto accaduto proprio pochissimi giorni fa dopo la Supercoppa Europea. A Udine il Tottenham conduceva sul 2-0 fino all’85’, quando il PSG ha realizzato l’incredibile rimonta con le reti di Lee e Gonçalo Ramos. La partita è finita ai rigori e l’errore decisivo è arrivato dal giovane Mathys Tel, classe 2005, arrivato dal Bayern Monaco. Un errore che, abbastanza incredibilmente, ha scatenato un’ondata di odio razzista.
Sotto i post Instagram del club e del giocatore sono comparsi centinaia di commenti vergognosi, con insulti legati al colore della pelle e alle origini di Tel. Alcuni messaggi contenevano parole come “scimmia” e altre espressioni apertamente discriminatorie. Un attacco inaccettabile che ha trasformato la delusione per una sconfitta sportiva in un episodio di violenza verbale e discriminatoria.

“Disgustati”: la dura risposta del Tottenham
Il Tottenham ha reagito con una nota ufficiale, condannando fermamente gli insulti e promettendo collaborazione con le autorità per identificare i responsabili. “Siamo disgustati dagli insulti razzisti che Mathys Tel ha ricevuto sui social media. Mathys ha dimostrato coraggio e audacia nel tirare un rigore, ma chi lo insulta non è altro che un codardo che si nasconde dietro un profilo anonimo” si legge nel comunicato.
Il club londinese ha ribadito l’impegno a prendere “le misure più severe possibili” contro chiunque sia coinvolto, inviando così un messaggio chiaro: il razzismo non troverà spazio, né in campo né fuori. Un segnale forte, l’ennesimo, che conferma come la lotta richieda probabilmente non sotlanto regole, ma anche il coraggio di applicarle.
