Una liberazione, come respirare dopo anni in apnea. Così si è chiuso per Rino Foschi, 79 anni, il processo per il fallimento dell’Ac Cesena, dove ricoprì il ruolo di direttore sportivo. Assolto nel merito, il decano dei ds può finalmente voltare pagina, come racconta nell’intervista rilasciata a CesenaToday.it.

«Non ci sono parole per spiegare la sofferenza che ho passato, io e la mia famiglia. Sono nato qui, è casa mia. Mi sono state mosse accuse ingiuste, ho dovuto lottare. È stato terribile», ha raccontato. Foschi era già stato prosciolto nel 2020 dalla giustizia sportiva, ma questa sentenza chiude definitivamente il capitolo: «Non mi sono mai interessato ai soldi o agli stipendi, lavorare a Cesena per me era passione, non aveva prezzo».

Nel dialogo con CesenaToday.it, Foschi ha ricordato gli inizi nel 1958 come raccattapalle: «Non ero un ex calciatore. Mi ha spinto il conte Rognoni. Ho fatto il corso a Coverciano, poi Ravenna, Teramo, Messina, Modena, Verona. A Verona ho vinto un campionato con Prandelli. A Palermo ho fatto la storia: Barone, Toni, Grosso, Zaccardo, Barzagli. Cinque campioni del mondo nel 2006 erano miei».

E proprio del Palermo ha parlato con orgoglio e convinzione: «Come tutti sanno, sono molto legato al Palermo, lì sono una sorta di mito. Penso che farà una corsa a sé: ha tutto per andare in Serie A direttamente. Il club ha risorse importanti e una piazza che vive di calcio. Si è già creato entusiasmo intorno a Inzaghi», ha dichiarato a CesenaToday.it, aggiungendo che la quinta città d’Italia merita palcoscenici maggiori.

L’assoluzione nel processo penale non riapre necessariamente le porte a un ritorno nel mondo del calcio attivo: «In questi anni avrei potuto lavorare, non sono mai stato squalificato. Ho ricevuto offerte, ma le accuse mi hanno fatto male fisicamente e moralmente. Proprio a Cesena, dove ho fatto bene, ho vinto con Castori e Bisoli, fatto plusvalenze vere. Non contavano i contratti, ma la passione».

Nel presente Foschi vede un calcio profondamente cambiato: «Oggi ci sono i procuratori che dettano le regole, le proprietà sono straniere, domina il business. Io vivo di passione, ho lasciato milioni a Palermo e Genova per venire qui». E se deve scegliere un colpo che lo rende orgoglioso, non ha dubbi: «Cavani al Napoli, Dybala alla Juve, Amauri a 23 milioni. A Cesena? Kessie, Defrel, Sensi. Tutte plusvalenze vere».

Alla fine dell’intervista concessa a CesenaToday.it, una battuta sul ritorno allo stadio Manuzzi, ora che la tempesta è passata: «Ci posso andare a testa alta. Quando sei nella tua città non vuoi sbagliare nulla. Sono permaloso, forse un po’ megalomane, ma io sono partito da zero e non ho mai chiesto niente. Ho dato tutto per il Cesena, come per il Palermo. E ora, finalmente, posso guardare tutti negli occhi».