Gattuso

Gattuso - fonte lapresse - ilovepalermocalcio

Nel suo ampio approfondimento sul Corriere dello Sport, Ettore Intorcia parte da una fotografia del maggio 1988: un mondo che sta per cambiare radicalmente, ma che non è ancora cambiato. «Il Muro di Berlino scricchiola ma è ancora in piedi», ricorda Intorcia, mentre l’URSS non si è disgregata e in Jugoslavia non è ancora scoppiato l’odio che porterà alla tragedia degli anni ’90. Nemmeno David Hasselhoff ha ancora inciso “Looking for Freedom”, il brano che diventerà simbolo dell’autunno del 1989.

In quel contesto geopolitico, il calcio mondiale appare più semplice: due Germanie, URSS, Jugoslavia e 22 federazioni internazionali in meno rispetto a oggi. Intorcia, sul Corriere dello Sport, ricorda come a Italia ’90 il torneo preveda 24 squadre, con 14 rappresentanti dall’Europa. Significa che il 42% delle nazionali Uefa approda alla fase finale. La Conmebol, allora, ha tre posti garantiti su dieci federazioni, più uno allo spareggio interzona vinto dalla Colombia contro Israele.

Oggi, autunno 2025, il quadro è capovolto. Le qualificazioni europee stabiliranno solo 16 posti per il Mondiale 2026, pari al 29% delle federazioni Uefa. Nel frattempo la Conmebol ha già qualificato 6 squadre su 10 e potrebbe arrivare a 7 con la Bolivia agli spareggi, toccando un incredibile 70% di rappresentanza.

«C’è qualcosa che non torna», osserva ancora Intorcia sul Corriere dello Sport. I problemi sono due: uno tecnico, legato al format del nuovo Mondiale; uno politico, decisivo, legato alla redistribuzione degli slot tra le confederazioni.

La politica FIFA degli ultimi quarant’anni

Il Corriere dello Sport ricostruisce, passo dopo passo, l’evoluzione delle priorità FIFA:

con Havelange, protezione e ampliamento del peso sudamericano;

con Blatter, espansione verso Africa e Asia;

con Infantino, ulteriore enfasi sulle confederazioni emergenti, per ragioni elettorali ed economiche.

Non irrilevante il fatto che «il voto delle Samoa Americane vale quanto quello del Brasile», sottolinea Intorcia. Né che la FIFA abbia scelto due volte strategie geopolitiche opposte ma analogamente orientate: prima il Qatar come slogan “Olimpiade del calcio”, poi l’abbraccio agli Stati Uniti di Trump, che fanno del Mondiale un evento distribuito su mezzo continente.

Europa ignorata, nonostante la nuova geografia calcistica

Il vero nodo, scrive Intorcia sul Corriere dello Sport, è che la UEFA non è stata protetta né ascoltata mentre la geografia sportiva europea cambiava radicalmente. La frantumazione di URSS e Jugoslavia non ha prodotto semplici micro-federazioni, ma nuove potenze calcistiche:

Croazia oggi 11ª al ranking,

Serbia 26ª,

Ucraina 27ª,

Repubblica Ceca e Slovacchia stabilmente in top 50.

In altre parole: l’Europa è più competitiva che mai, ma ha una rappresentanza proporzionalmente inferiore a quella del 1990.

L’allargamento a 48 squadre: un contentino imperfetto

L’espansione a 48 partecipanti doveva riequilibrare il sistema, ma così non è stato. Dei 16 posti aggiunti:

2 sono stati “persi” per l’automatismo degli organizzatori (tre Paesi CONCACAF ospitanti);

1 è stato garantito all’Oceania per la prima volta;

Africa e Asia raddoppiano rispettivamente da 5 a 9 e da 4,5 a 8,5 posti.

La UEFA ne guadagna solo tre: da 13 a 16. Risultato? «Molti top player dei grandi campionati europei resteranno fuori», conclude amaro Intorcia.

Gli appassionati europei sono avvisati: a fronte di una competizione sempre più globale, il Vecchio Continente paga il prezzo di essere numericamente più ricco di nazionali competitive rispetto ai posti disponibili.

E mentre il sistema si piega alle logiche geopolitiche ed elettorali della FIFA, tra gli esclusi d’élite potrebbe esserci spazio per qualcun altro. «Tranquilli: forse arriva la Bolivia», chiude con sarcasmo Ettore Intorcia sulle pagine del Corriere dello Sport.