Adani: «La Croazia ha meno abitanti della Sicilia ma più talenti. L’Italia si è fermata»
Adani ha poi sottolineato il divario con Paesi più piccoli ma più credibili nella crescita dei talenti. Nell’intervista raccolta da Dallera e Tomaselli per il Corriere della Sera, ha detto: «La Croazia ha meno abitanti della Sicilia, il Portogallo ne ha quanti la Lombardia. Ma sono molto più credibili».
Daniele Adani (LaPresse) Ilovepalermocalcio
ROMA – Lele Adani, ex difensore e ora voce tra le più note del panorama mediatico calcistico, si racconta in una lunga intervista realizzata da Daniele Dallera e Paolo Tomaselli per il Corriere della Sera. Tra aneddoti, provocazioni e riflessioni sul calcio italiano, Adani tocca temi che vanno dalla Nazionale ai giovani, dal ruolo degli opinionisti fino al rapporto con la comunicazione televisiva.
«Il “pranzo al sacco”? È una cosa spontanea», esordisce Adani parlando della sua celebre esultanza per il gol di Tonali contro Israele, così come raccontato da Dallera e Tomaselli sul Corriere della Sera. Parole che, aggiunge l’ex difensore, sono subito entrate nel linguaggio popolare: «Gli odiatori dietro la tastiera fanno notizia, ma gli amatori sono tanti e li trovo per strada: sani e puri, dai ragazzini agli ottantenni».
Nazionale e formazione
Sulla Nazionale Adani non si nasconde: «Ha lo spirito per andare al Mondiale, lo vuole fortemente e io credo che andremo. Però abbiamo delle lacune». Una diagnosi dolorosa ma lucida che, sempre nell’intervista a cura di Daniele Dallera e Paolo Tomaselli per il Corriere della Sera, porta a una critica della filiera italiana: «Nelle stanze dei bottoni ce la raccontiamo che siamo ancora i più bravi a formare, ma non è così: ci siamo fermati». Cita poi esempi concreti come la Croazia o il Portogallo per rimarcare come la credibilità nei percorsi di crescita non sia una questione di popolazione ma di sistema.
Giovani e mercato
Adani difende l’impiego progressivo dei giovani: «Le Nazionali giovanili spesso arrivano in fondo, ma poi quelli di Spagna Portogallo o Germania diventano titolari nel calcio vero. È una questione culturale». Sull’effetto degli intermediari nel mercato è netto: «Ci sono quattro cinque operatori che hanno in mano il giochino del calcio. Se tutto si riduce a operazioni commerciali per guadagnarci, la crescita non c’è». La sua posizione, spiegata ai cronisti del Corriere della Sera, è critica ma pragmatica: il modello Atalanta resta un riferimento positivo se l’operazione è sana.
Televisione e comunicazione
Adani parla del suo ruolo in tv con orgoglio e autocritica: «La passione per la comunicazione è fortissima. In Rai mi trovo benissimo, ho libertà e sento la responsabilità di parlare al Paese». E sul mestiere dell’opinionista avverte: «Non bisogna essere aridi. Se senti questa professione come una vocazione, approfondisci, vivi i dissensi e ti esponi». Il messaggio, ribadito nell’intervista di Dallera e Tomaselli sul Corriere della Sera, è che la comunicazione calcistica deve avere radici tecniche per essere credibile.
Il futuro in panchina
Sui dubbi circa un suo possibile futuro da allenatore Adani è deciso: «Non allenerò: romperò ancora le scatole parlando». Tuttavia non esclude ruoli ibridi: «Forse in un ruolo nuovo, che unisca la parte calcistica a quella comunicativa, operando per un allenatore o una squadra per arrivare più diretti alla gente». Un’ipotesi che conferma la sua idea centrale: comunicare il calcio con profondità è fondamentale per colmare il distacco tra chi fa il gioco e chi lo racconta.
