Gattuso sotto i riflettori: striscione sotto casa e petizione contro la sfida con Israele

Le parole di Gennaro Gattuso, commissario tecnico della Nazionale italiana, continuano a far discutere. «Sono un uomo di pace, ma la partita la dobbiamo giocare», aveva detto il ct nei giorni scorsi a proposito della doppia sfida contro Israele nelle qualificazioni ai Mondiali. Una frase che ha sollevato polemiche in tv, sui giornali e sui social, fino a spingersi nella sua città natale.

A Schiavonea, davanti alla casa di Gattuso, è comparso uno striscione eloquente: «Rino, non si gioca con chi uccide bambini». Un messaggio diretto che riflette il malumore di una parte della comunità, convinta che il calcio non possa essere disgiunto dal contesto politico e umanitario in Medio Oriente.

Non solo lo striscione. Nelle scorse settimane un gruppo di cittadini di Corigliano-Rossano ha promosso una petizione per chiedere un gesto simbolico al commissario tecnico: non disputare la gara contro Israele come segno di solidarietà al popolo palestinese. L’iniziativa ha raccolto in poche ore centinaia di firme, con i promotori convinti che «per una volta gli italiani sarebbero orgogliosi di non vedere la Nazionale in campo» se questo significasse lanciare un segnale forte contro la guerra.

Gattuso, intanto, è tornato sulle sue dichiarazioni, precisando alla vigilia del match: «Intendevo la sfortuna di avere Israele nel nostro girone, non come rivale in assoluto. Mi spiace essere stato frainteso perché sono un uomo di pace, mi riferivo al loro valore calcistico». Poi ha preferito spostare l’attenzione sugli aspetti tecnici e tattici della partita.