Ex rosa Lucca: «A Palermo piangi due volte: quando arrivi e quando parti»

Lorenzo Lucca, dopo un periodo non troppo fortunato all’Ajax, è tornato in Italia con l’Udinese con l’obiettivo di migliorarsi e ottenere risultati. Ha avuto un impatto positivo sia dentro che fuori dal campo, offrendo supporto ai compagni in difficoltà come Davis. Nel passato ha avuto una stagione significativa a Palermo, dove, nonostante fosse arrivato l’ultimo giorno di mercato e fuori rosa al Torino, ha lasciato un’impressione duratura. A Palermo, soprannominato “LuccaToni”, ha vissuto un’esperienza intensa, apprezzando l’affetto dei tifosi e la cultura locale, che descrive come emotivamente coinvolgente simile al Sudamerica, concludendo che si piange due volte: quando si arriva e quando si parte.
Ecco qualche estratto della lunga intervista rilasciata a “Cronache di Spogliatoio”:
PISA – «Il gruppo è stato uno dei migliori che ho incontrato nella mia carriera. Insieme a Birindelli, Sibilli, ma anche i più anziani come Caracciolo. Ogni settimana ci riunivamo a cena fuori, era un appuntamento fisso. Sono persone che mi hanno dato tanta serenità durante il corso della stagione, facendomi venire voglia di andare al camp e divertirmi. Abitavo sopra a questo studio di avvocati, scendevamo e ci ritrovavamo a giocare e trascorrere le serate insieme nella sala principale a carte o a giochi da tavolo. Ci incontravamo il pomeriggio tardi dopo l’allenamento e rimanevamo fino a dopo cena. È stata una stagione che mi ha aiutato molto a crescere, perché ho fatto delle cose belle ma anche i miei errori, com’è giusto che sia. Quando ero a Pisa, mi hanno fatto battute sul mio cognome data la rivalità tra le due città. Mi dicevano che avrei dovuto togliere il cognome dalla maglia (ride, ndr)! Facevamo sempre gli scherzi a Touré, una volta gli abbiamo messo il sale nel caffè e ci ha rincorso per tutto il ristorante!»
EXPLOIT IN SERIE B – «Ho vissuto la stagione a Pisa come un anno di alti e bassi, sono sincero. Sono partito forte, ma venivo da una rottura del menisco a Palermo e i primi mesi giocavo con gli antidolorifici. Ma mi sentivo comunque bene. A dicembre, però, non riuscivo più a giocare, nonostante gli antidolorifici. Mi sono dovuto fermare un mesetto e secondo me lì non sono stato bravo a gestire la situazione. Sono contento però del percorso che ho fatto, che secondo me è stato una tappa importante. Mi accostavano ad Haaland? Per fortuna non mi piace leggere in giro».
PALERMO – «A Palermo mi chiamavano “LuccaToni”, era partita questa wave su Instagram. Ma non abbiamo niente in comune al momento: ha vinto tanto, ha fatto tantissimo gol. In questo momento non mi posso paragonare a lui. A Palermo sono arrivato l’ultimo giorno di mercato, ero fuori rosa al Torino. Sono partito, sono andato a Milano per firmare e sono arrivato a Palermo di notte, ho detto: ‘Ma dove sono finito?’. E invece quando arrivi al Sud è vero che piangi due volte: quando arrivi e quando parti. Quando sono andato via, ho sentito tanto la mancanza. Anche se c’era il Covid, l’affetto dei tifosi mi è rimasto impresso. Ovunque andassi in città, ero sostenuto. Il clima è top, la città è fantastica, si mangia benissimo e le persone sono ospitali. Un mio amico aveva un ristorante a Mondello, dove vivevo, e andavo sempre con la mia famiglia a mangiare lì. In città mi fermavano sempre, Palermo è come se fosse il Sudamerica dell’Italia».
NAZIONALE – «La Nazionale è un sogno: vorrei vincere i Mondiali o comunque vincere qualcosa. La concorrenza: Retegui, Scamacca e Kean giocano già in squadre importanti e sono arrivati a questi livelli prima di me. Devo pensare a me stesso, non guardare gli altri, non devo pensare agli altri perché il mio obiettivo è giocarmi il posto in Nazionale. L’Udinese per questo mi sta dando tutto».
COLPO DI TESTA MIGLIORATO – «Pensate che nell’anno a Pisa addirittura non ho segnato neanche un gol di testa. Adesso sono praticamente bilanciati con quelli segnati di piede. Lo scorso anno ne ho segnati di testa, ma ne ho sbagliati anche tanti. Quest’anno ho preso diversi pali, ma sono più cinico del campionato precedente. Ho lavorato tutti i giorni, a partire da questa estate, mi faceva 300/400 cross a settimana e io andavo a colpire per segnare. Il lavoro paga sempre. Oltre a provare spesso le soluzioni con gli esterni, come lavoro extra utilizzo la pallina da tennis o il pallone piccolo di misura 2 per prendere più sensibilità con il piede, soprattutto nel sinistro che ho migliorato molto. Abbiamo esercitazioni in cui mi arriva il cross con il pallone piccolo e devo calibrare bene l’impatto, che è più difficile rispetto al pallone normale. E lo facciamo senza portiere, per abituarci a mettere la palla in rete, che dà fiducia».
AJAX – «Sono arrivato nel momento sbagliato, in un momento in cui la società non era al top, e si è visto anche l’anno successivo. Ora le cose stanno andando meglio. Ma penso anche che non ho aiutato loro a farmi conoscere meglio calcisticamente. Quando mi mandavano nella squadra riserve, ero lontano da casa e non parlavo la lingua, era difficile: pioveva anche per due settimane di fila, mentalmente ero un po’ giù ma l’ho incassata bene. Mi ha aiutato ad avere un bagaglio di esperienze importanti, ci saranno dei sassolini da togliersi. Cercavo di allenarmi sempre di più, per me stesso. C’erano giocatori da cui prendere spunto come Tadić o Alvarez. Mi dicevano di allenarmi bene, di continuare a farlo perché sono forte e ci sono annate che vanno peggio di altre. Sono felice di questa esperienza, mi ha fortificato mentalmente. Nel calcio di oggi la forza mentale è l’80% di un calciatore e lo differenzia: se è da squadra top o da squadra normale. Le strutture in Olanda sono incredibili, tutti i servizi. Ma anche a Udine sono top. Mi ricordo che all’Ajax se un campo si ghiacciava, avevano un riscaldamento nei campi. Ora queste cose si iniziano a vedere in Italia. Il calcio italiano è partito indietro, ma se guardate anche le competizioni europee ci sono tante squadre italiane protagoniste. Tanti dicono che il livello del calcio italiano si è abbassato, ma la Serie A in questo momento dimostra che per un attaccante è difficilissimo segnare rispetto alle altre leghe».