Giuseppe Mascara, ex fantasista del Catania, è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport e ha ripercorso alcuni momenti chiave della sua carriera, soffermandosi sul celebre gol da 50 metri segnato nel derby contro il Palermo nel 2009.

Sul gol iconico nel 4-0 al Barbera:
«Sarei un bugiardo se dicessi che avevo visto Amelia fuori dai pali e che avevo calcolato di tirare così. Calciai d’istinto, senza pensarci, e venne fuori una parabola impressionante. Zenga mi disse che solo un pazzo come me poteva tentare certi colpi».

Sul paragone con Maradona:
«Non scherziamo e non bestemmiamo. Diego è stato il dio del calcio, unico e inimitabile. Lo so che a Napoli, contro il Verona, segnò un gol simile, ma è impensabile paragonarmi a lui o a Robi Baggio, che per me rimane l’altra divinità del pallone».

Sulla scomparsa dei numeri 10 nel calcio moderno:
«Siamo passati dal calcio degli uno contro uno al calcio dei “dai e vai”, dei triangoli. Oggi mi ritrovo un po’ in Politano del Napoli e in Berardi del Sassuolo. Mi piace Soulé della Roma e spero che Pafundi ce la faccia a emergere. Mi incanta Dybala e fine. Nel complesso, vedo tante squadre giocare come alla PlayStation. Il problema è alla radice: nelle scuole calcio formano giocatori robotizzati, si privilegiano i più robusti e le giocate sono preordinate».

Sul suo approccio da allenatore dell’Under 19 del Novara:
«Se il talentuoso fa due o tre dribbling in più, non mi arrabbio né gli dico niente, perché so che quel dribbling, quando riesce, può farci vincere le partite. I numeri 10 alla maniera di una volta però sono sempre più rari. Quelli che ci sono vengono soffocati, dirottati in altri ruoli».

Sulla sua filosofia di gioco:
«Il 4-3-3 che ho imparato da Zeman e da Pasquale Marino».

Sul ricordo di Zeman:
«L’ho avuto per poco tempo alla Salernitana, ma mi ha lasciato un’impronta per il gioco e per la gestione dello spogliatoio e degli allenamenti. Era schietto e diretto, meticoloso nelle spiegazioni. Ogni giorno ci faceva entrare uno ad uno nella sala della bilancia per pesarci, e ogni volta lì dentro c’era la puzza delle sue sigarette. Gli vorrò sempre bene, mi auguro che stia meglio».

Sul sogno da allenatore:
«Ritornare a San Siro, da allenatore di Serie A».