Escl. Binda: «Il City Group ha alzato il livello. Palermo, ora tocca alla squadra»

Dopo le ultime sconfitte del Palermo, l’ambiente rosanero sta vivendo un periodo di crisi inaspettata. Nonostante un buon inizio di campionato, la squadra si è poi arenata in una serie di risultati negativi, con mister Inzaghi che è adesso in cerca di soluzioni per dare una rinnovata energia alla squadra e far ritrovare l’entusiasmo all’ambiente. Ai microfoni di Ilovepalermocalcio.com, Nicola Binda, giornalista della Gazzetta dello Sport ed esperto di Serie B, ha analizzato questo momento negativo, in cerca delle possibili motivazioni e delle eventuali soluzioni tattiche per uscirne.

Nonostante una rosa di tutto rispetto, il Palermo sta attraversando un periodo difficile. Quali sono, secondo lei, i principali motivi di questo momento no?

«Secondo me è la stessa società che si sta interrogando per capire cosa non ha funzionato. Dall’esterno è difficile dare una risposta. Di sicuro, il patrimonio di entusiasmo accumulato inizialmente con l’arrivo di Inzaghi e di giocatori forti non è stato accompagnato dai necessari risultati. Quindi la squadra, anziché cementarsi e crescere, secondo me è rimasta un po’ ferma e non ha avuto l’adeguato sviluppo. È sempre rimasto un gruppo di ottimi giocatori, con un ottimo allenatore, che però ancora non ragionano in piena sintonia».

Non pensa che si avverta il bisogno di un elemento che con l’uno contro uno possa creare imprevedibilità e superiorità numerica?

«Il giocatore c’è, perché Palumbo è un elemento che queste caratteristiche le ha. È una squadra che, quando schiaccia l’avversario nella sua area, riesce sicuramente a essere pericolosa. Quando invece aspetta e riparte, va un po’ in difficoltà. La Serie B è un campionato in cui è difficile essere sempre dominante: devi anche essere attendista e coperto, per cercare poi di ripartire. Secondo me è questo atteggiamento che un po’ va rivisto. È un Palermo che deve trovare più coraggio e diventare molto più aggressivo durante le partite. Per farlo occorre una condizione atletica perfetta. Dal punto di vista atletico, i rosanero hanno dimostrato che nei secondi tempi non rendono più come nei primi. Questo atteggiamento un po’ troppo passivo, a volte, è figlio proprio di una condizione atletica non ottimale, con le gambe che non vanno come dovrebbero».

Il centrocampo rosanero ha sofferto nelle ultime uscite. Date le assenze di Ranocchia e Gomes, nel prossimo match contro l’Entella una possibile soluzione in cabina di regia potrebbe essere Palumbo. Pensa che possa dare quel qualcosa in più alla squadra in questo ruolo?

«Sì, Palumbo è un giocatore eclettico che può fare tanti ruoli. Lui è molto intelligente e dinamico, è sicuramente un valore aggiunto per questa squadra. È stato, a volte, contestato il fatto che non ci sia un vero play nel Palermo, ma non sta scritto da nessuna parte che debba esserci in ogni squadra un vero e proprio playmaker. L’anno scorso il Pisa non aveva un regista, eppure ha vinto lo stesso il campionato. È una questione di garantire l’adeguata copertura alla difesa, ripartendo e dando sostegno all’attacco. Poi, tenere Pohjanpalo a 40 metri dalla porta è inutile: lui esalta il suo valore giocando nell’area avversaria».

Inzaghi ha più volte detto in conferenza stampa di volere intensità dalla sua squadra, ma nelle ultime partite è un elemento che non si è visto. Questa discordanza tra parole dell’allenatore e prestazione sul campo è, secondo lei, un elemento che dovrebbe preoccupare?

«Preoccupare no, chi si deve preoccupare è la Sampdoria che è ultima in classifica. Il Palermo dovrebbe invece preoccuparsi del fatto che quest’anno ci sono sei squadre in grado di competere per la Serie A e non solo tre come lo scorso anno. Quindi, la preoccupazione è per come stanno crescendo gli avversari, a differenza del Palermo che ha bisogno sicuramente di avere delle gambe che girano meglio, anche per avere la giusta intensità sul campo».

In una recente intervista Alessandro Nesta ha dichiarato che quando è arrivato al Milan dalla Lazio, in allenamento si andava il doppio, ed i primi a imporre questo ritmo erano i giocatori stessi. Dato che quello che si vede in campo è poi il riflesso di come ti alleni durante la settimana, pensa che possa mancare questo tipo di mentalità in allenamento da parte dei giocatori rosanero, di migliorarsi giorno dopo giorno?

«Sì, ma non solo negli allenamenti. Il Palermo è una squadra che ha un contorno di altissimo livello. L’organizzazione della società è di livello internazionale, il pubblico è uno dei più grandi che ci sono in Italia. Tutto il contesto è di alto livello e i giocatori forse si adeguano un po’ troppo a questo benessere: non è solo una cosa di quest’anno ma da quando c’è il City Group. Invece, sono loro che devono riportare la chiesa al centro del villaggio, essendo consapevoli che si gioca in Serie B. Quindi, è giusto e fondamentale avere una società iper organizzata ed è un vantaggio avere un pubblico di così alto livello, ma la squadra deve giocare con l’atteggiamento da Serie B, non sentendosi di un altro pianeta come lo sono la società e la città».

Quando il City Group è arrivato a Palermo si sarebbe aspettato che alla quarta stagione i rosanero fossero a questo punto del loro percorso di crescita o si sarebbe aspettato qualcosa in più?

«Mi sarei già aspettato un Palermo in Serie A, anche se non era né scontato né facile, ma prima o poi i rosanero ci arriveranno. Non pensavo che ci sarebbero arrivati subito, perché il lavoro da fare era tanto. Sarebbe stato sbagliato arrivare in A senza avere basi forti: un centro sportivo, aver sistemato lo stadio e una struttura societaria all’altezza. Adesso tutto il contorno c’è e la palla passa alla squadra, i responsabili sono soltanto loro. Obiettivamente, mi aspettavo che già dal secondo o terzo anno il Palermo fosse salito in Serie A».

In difesa, quando è mancato Bani, l’assenza si è sentita pesantemente. Pensa che il Palermo debba intervenire a gennaio per sostituire Magnani, andato via questa estate?

«Quella di Magnani è stata una perdita enorme che il Palermo ha dovuto subire e accettare perché non poteva farci nulla. Però i numeri dicono che non è la difesa il problema, che con 9 gol subiti è la terza migliore del campionato. Il problema è che la squadra davanti deve costruire di più e produrre più occasioni da gol per gli attaccanti, che sicuramente non mancano».

Il Modena sta attraversando un ottimo momento, rivelandosi la sorpresa del campionato. È una squadra che ha le carte in regola per lottare fino alla fine per la promozione diretta?

«Il Modena non è una sorpresa. Sta completando il suo percorso, voleva alzare l’asticella rispetto all’anno scorso e lo sta facendo. È un progetto che sta venendo rispettato. La sorpresa per me è il Frosinone, che un anno fa di questi tempi era ultimo e disorientato. Oggi invece è lì tra le prime sei. Il Modena è una squadra che se la giocherà fino in fondo. Rispetto a squadre come Palermo e Monza, non ha la priorità di salire in Serie A a tutti i costi. Può giocare con la mente un po’ più libera ed è un grande vantaggio».

Per chiudere, dato che siamo in tema nazionali, una domanda sull’Italia che, nonostante sei vittorie su sette, dovrà passare dai playoff per qualificarsi al Mondiale. Pensa che ci sia qualcosa da rivedere in questo sistema di qualificazioni ai Mondiali a livello europeo?

«Ormai i criteri per le qualificazioni ai Mondiali sono più politici che tecnici. Vengono date possibilità di qualificazione a federazioni di piccoli Paesi, che in questo modo si sentono importanti. La FIFA è un ente che vive di elezioni e democrazia, è logico che avere anche i voti delle piccole nazioni aiuta. Al tempo stesso, ai Mondiali avremo delle piccole nazioni e rischiamo di non averne altre che tecnicamente danno valori più importanti. Bisogna rassegnarsi a questa scelta politica, di una FIFA che guarda i propri interessi e mette in secondo piano l’aspetto tecnico di avere un Mondiale con il meglio del calcio planetario».