Brescia senza squadra, il Comune cerca una via: vertice con Ospitaletto, Lumezzane e FeralpiSalò

Il calcio a Brescia è ufficialmente sparito dai radar professionistici. Dopo 114 anni di storia, il club delle Rondinelle non si è iscritto al prossimo campionato di Serie C per la decisione del presidente Massimo Cellino, che ha scelto di non versare circa 3 milioni di euro tra stipendi e contributi arretrati. Ora il futuro passa dalla provincia.

Domani alle 19, la sindaca Laura Castelletti darà il via a un tavolo istituzionale con i rappresentanti di tre club bresciani di Serie C: FeralpiSalò, Lumezzane e Ospitaletto. L’obiettivo? Capire chi è disposto a trasferire il titolo sportivo in città, giocare al Rigamonti, cambiare colori sociali e diventare – almeno nei fatti – la nuova Brescia.
Il progetto: una nuova “Leonessa”

Come riferisce Tognoli su Tuttosport, l’idea è quella di ripartire subito dal calcio professionistico, ma con un’identità condivisa. Il club che accetterà di vestire il biancoblù con la V sul petto, rinunciando a nome e colori attuali, diventerà il nuovo riferimento calcistico cittadino. Per almeno un anno, tuttavia, il nome “Brescia” non potrà essere utilizzato: la denominazione più accreditata resta “Leonessa”.

I tre presidenti chiamati a scegliere sono Giuseppe Pasini (FeralpiSalò), Ludovico Camozzi (Lumezzane) e Giuseppe Taini (Ospitaletto). Il primo che dirà sì verrà sostenuto dalle istituzioni. Ma non tutti, tra i tifosi, sono d’accordo.

Tifoseria spaccata, Cellino nel mirino

La città è in fermento. Un gruppo ultras, i “1911”, ha preso il primo traghetto per la Sardegna per andare a cercare Cellino, considerato il principale responsabile del disastro. Possiede ancora una casa sul lago di Garda, tra Padenghe e Manerba, ora sotto osservazione. Anche la sede del club è presidiata dalle forze dell’ordine, mentre i dipendenti sono stati invitati a non rientrare fino a nuove disposizioni.

Il presidente, nel frattempo, cerca di evitare il fallimento, preferendo la strada della messa in liquidazione tramite un concordato fallimentare, così da non incorrere in procedimenti giudiziari che coinvolgerebbero anche il figlio Edoardo. Intanto, domani si attende anche la decisione della Corte d’Appello sulla retrocessione a tavolino.
L’identità al centro della discussione

La tifoseria è divisa. La Curva Nord è pronta a sostenere una ripartenza, ma con paletti chiari: «Non accetteremo nomi o colori diversi da quelli del Brescia. Con tutto il rispetto, non porteremo in giro stemmi che richiamano a paesi di provincia. Siamo il Brescia e dobbiamo mantenere la nostra identità».

Più radicale la posizione dei 1911, contrari a ogni fusione: «Meglio ripartire dalla Serie D o dall’Eccellenza, ma senza ereditare matricole altrui».

Se nessuna delle tre squadre accetterà di fare il grande passo, si andrà al piano B: la Pro Palazzolo e il Desenzano, entrambe in Serie D, si sono già dette disponibili a diventare la nuova Brescia. Ma anche in quel caso, la partita sarà tutta da giocare. E il tempo stringe.