Escl. Caliendo: «Inzaghi ha le carte giuste per fermare il Modena. Schillaci? Prima di morire stavamo per…»
«Il Modena in questo momento è lanciato, ma il Palermo ha le armi giuste per contrastarlo in maniera adeguata. Queste partite di solito finiscono in pareggio. La squadra di Inzaghi però ha tutte le carte in regola per poter ben figurare contro la formazione di Sottil».
Queste le riflessioni, ai microfoni di Ilovepalermocalcio.com, del noto procuratore ed ex presidente del Modena Antonio Caliendo.
È rimasto sorpreso da questo avvio spedito del Modena?
«In parte sì, ma ero fiducioso, soprattutto alla luce degli investimenti notevoli che ha fatto il presidente. Proprio in ragione di quest’ultimo aspetto, l’obiettivo deve essere la promozione, in modo da giustificare gli sforzi economici fatti in sede di mercato».
Il Palermo può essere la seria candidata alla promozione diretta?
«Assolutamente sì. I rosanero possono vantare un tecnico serio, in gamba e molto determinato. Le possibilità di vedere il Palermo nella prossima stagione in Serie A sono altissime».
Lei ha gestito nella sua carriera anche Salvatore Schillaci. C’è un calciatore oggi che si avvicina a lui?
«Seguo con molto interesse Pio Esposito, ma credo che Schillaci sia inimitabile. Usava indifferentemente destro e sinistro e questo faceva di lui il grande spauracchio delle difese avversarie. Era unico nel suo genere, ha fatto scuola in tutto il mondo e difficilmente il suo nome verrà dimenticato. Devo dire però che, ripensando a lui, resta vivo in me un rammarico».
Ovvero?
«Schillaci era entrato nell’élite per inserire la sua impronta nella promenade di Montecarlo. Purtroppo però non abbiamo fatto in tempo. Ricordo che non fu facile per me portarlo dal Messina alla Juventus, ma non dimentico la sua felicità nell’essere riuscito ad affermarsi nel calcio che conta. Mi dispiace che non mi abbia ascoltato quando gli consigliai di operarsi per il problema alla schiena che lo affliggeva. Questo portò al suo ritiro a soli trentun anni, un vero peccato se si considera che oggi i calciatori arrivano a giocare fino alla soglia dei quaranta».
Lei curò anche gli interessi di Baggio. A un certo punto, prima dell’approdo a Brescia, il calcio si dimenticò di lui, facendone un disoccupato di lusso. Come fu possibile tutto ciò?
«A volte chi gestisce le cose non è all’altezza. Io sono uscito di scena dopo il trasferimento al Milan, dopodiché si affidò a un personaggio privo di esperienza nel calcio. Nonostante ciò, fu in grado di essere il vero Baggio anche nelle squadre di seconda fascia, grazie anche alla presenza di una figura importante e determinante come Mazzone».
Cosa conserva dell’esperienza vissuta da presidente del Modena?
«Quella di presidente del Modena è un’esperienza che non ripeterei. Avevo già vissuto un’esperienza simile in Inghilterra al QPR, ma quella di Modena fu una sorta di forzatura. Fui obbligato a prendermi il fardello sulle spalle, in una piazza molto difficile da gestire. Basti pensare a quanto accaduto al presidente che portò il Modena dalla Serie C alla massima serie, bersagliato con delle bombe sotto casa dopo aver perso appena due partite. È una piazza difficile, nella quale anche la politica fa la sua parte».
Quali sono i trasferimenti ai quali resta più legato?
«Quello citato di Schillaci, dal Messina alla Juventus, è uno di questi. Poi ricordo con molto orgoglio il passaggio di Baggio dalla Fiorentina alla Juventus e l’operazione che mi permise di portare in Italia, in bianconero, Boniek. In Polonia c’era la guerra e ricordo l’esperienza vissuta per portarlo in Italia: una vera e propria avventura. Devo dire di essere comunque rimasto legato affettivamente alla maggior parte dei giocatori che ho gestito».
