Balotelli si racconta: «Al Genoa solo porte chiuse. Palermo? Perché no»
Mario Balotelli/ fonte Lapresse- ilovepalermocalcio.com
Mario Balotelli rompe il silenzio e, da svincolato, si racconta senza filtri in un’intervista rilasciata al canale YouTube del giornalista Sandro Sabatini. Dopo la fine dell’esperienza al Genoa, l’attaccante classe ’90 è pronto a ripartire, ma senza dimenticare quanto vissuto negli ultimi mesi.
«Con Allegri al Milan mi ero trovato benissimo, ancora mi faceva giocare attaccante», ha detto sorridendo. «Poi gli altri mi mettevano più dietro». E a chi gli ricorda che in certi casi non scendeva nemmeno in campo, replica ironico: «Dio è grande…».
Sul suo futuro non ha dubbi: «Certo che ho ancora voglia di giocare. Qualche anno ancora sì». E se il Genoa abbia contribuito a spegnere questo desiderio, la risposta è netta: «No, non sono così importanti. Non può una società sola farmi passare la voglia. Se volete sapere il perché, dovevate chiamare quell’altro e non me».
Riguardo all’impegno negli allenamenti, Balotelli si difende: «Vi invito a vedere i miei allenamenti, quando volete. Il problema è che erano a porte chiuse». E ironizza anche sul contratto: «Guadagnavo poco, penso che quelli della Primavera prendessero più di me».
Sul perché la sua immagine pubblica sia così controversa, Balotelli riflette: «Non ne ho idea. Ho accettato quello che volevano darmi dal Genoa, avevo proposte estere ma volevo un altro anno di Serie A. L’aspetto economico non mi interessava. Mi sto allenando».
Tra le occasioni mancate, anche quella con il Torino: «Sì, c’erano stati contatti prima del Genoa. Mi sembrava più interessato il Genoa in quel momento, e sono andato lì. Potevo anche aspettare il Torino, era una cosa nata con Cairo ma a rilento. Con Gilardino parlavo direttamente». E oggi? «Riaprire i dialoghi con il Torino? Perché no?».
Balotelli ammette di aver fatto qualche errore da giovane, ma difende il suo percorso: «Da quando ho cominciato fino a 24-25 anni ho fatto qualche ritardo agli allenamenti, son sincero. Ma ora… qualcosa è stato esagerato. Una di sicuro, ma non credo di aver fatto cose fuori dal comune».
Riguardo al suo impiego nel Genoa, rivela: «La scusa di Vieira è stata che secondo lui, a lungo andare, non avrei accettato di non giocare. Ma se a Lecce mi fai scaldare tutto il secondo tempo senza poi farmi entrare, non è una scelta giusta per la squadra. Se pensi che in dieci minuti non possa segnare, il problema è solo che ti sto sui coglioni. E basta».
«Gli ultimi due mesi mi hanno tolto anche il preparatore. Arrivavo al campo ed ero indipendente», prosegue. E sul rapporto col tecnico: «Ho scritto un messaggio a Vieira, che avrei voluto pubblicare ma non volevo essere stronzo. Gli ho fatto capire che preferivo vederlo metterci la faccia».
Non è la prima volta che Balotelli vive frizioni con Patrick Vieira. Anche al Nizza ci furono momenti difficili: «All’inizio ci parlavo, gli dicevo che mi sarei impegnato per fare ciò che voleva. Ma poi giocavamo male. Mi tirava fuori, sono andato dal presidente a dirgli che avrei aspettato dicembre. Alla fine sono andato al Marsiglia. Alla prima ho segnato contro il Nizza: com’ero felice… non per il club, per lui».
Rimpianti per non essere andato via da Genova a gennaio? «Sono deluso, ma avevo dato la mia parola. Oggi sono forse più propenso all’estero, ma non escludo l’Italia». E a chi gli chiede se andrebbe a Palermo, risponde sorridendo: «Sì, perché no? Ci sono stato qualche giorno un mesetto fa, lì sto sempre bene».
Tra gli altri temi toccati, anche la celebre maglietta con la scritta Why Always Me?: «Ne avevo preparata una con un insulto, poi mi hanno fatto mettere Why Always Me?. Ma a me non piaceva molto…».
Sul difensore più forte affrontato non ha dubbi: «Sergio Ramos. Difficile da affrontare, forte fisicamente ma anche intelligente». E tra i compagni di reparto, cita: «Samuel o Materazzi».
Infine, torna su un episodio televisivo che fece scalpore: «Con Boban ho sbagliato. Avevamo perso con la Roma, Galliani ha chiesto chi volesse andare in tv e dissi io. Ma ero arrabbiato. E Boban che cazzo voleva?».
E chi pensa che non ami il calcio, sbaglia: «In Nazionale cambiavo proprio. Mi sentivo in dovere di far vedere quanto fossi attaccato, più degli altri. Ricordo che a volte veniva qualcuno che non sapeva l’inno e lì mi incazzavo. Non attaccavo loro, ma ci rimanevo male».
