Scommesse e calcio, parla l’avvocato Sperduti: «Chi scommette sul proprio club rischia 4 anni di squalifica»

Un nuovo filone di calcioscommesse scuote il panorama del calcio italiano. Tra indiscrezioni, accuse e nomi noti, per fare chiarezza sulle implicazioni legali – sia dal punto di vista sportivo che penale – PianetaSerieB.it ha intervistato l’avvocato Matteo Sperduti, esperto di Diritto Sportivo. Ecco cosa ha dichiarato.

Alla domanda su cosa rischiano i calciatori coinvolti in un’indagine per scommesse, Sperduti ha risposto:

«Partiamo con una bella domanda. La risposta non è semplice perché va fatta una distinzione tra procedimento penale e procedimento sportivo. In ambito penale, i calciatori coinvolti rischiano poco o nulla: al massimo l’imputazione di aver scommesso su piattaforme non autorizzate in Italia, punita con arresto fino a 3 mesi o ammenda fino a 250 euro. Diverso il discorso sul piano sportivo, dove il Codice di Giustizia punisce chiunque scommetta su partite di calcio, indipendentemente dal fatto che lo abbia fatto su piattaforme legali o meno».

Sul caso delle puntate sul Cosenza da parte di tesserati, l’avvocato ha spiegato:

«Il codice è chiarissimo. L’articolo 24 vieta a tesserati, dirigenti e soci del mondo FIGC di scommettere, direttamente o indirettamente, su incontri ufficiali organizzati da FIGC, FIFA e UEFA. La sanzione è severissima: squalifica non inferiore a 3 anni e ammenda di almeno 25.000 euro. Se poi si dimostrasse che un tesserato ha scommesso sulla propria squadra, e magari ha contribuito ad alterare il risultato, si configurerebbe un illecito sportivo. In quel caso, la squalifica minima sarebbe di 4 anni, con ammende da 50mila euro in su. Inoltre, non sarebbe ammesso il patteggiamento. Ma, va detto, siamo ancora nel campo delle ipotesi: dovrà essere la Procura Federale a dimostrare l’eventuale responsabilità».

Diversa invece la posizione di Domenico Berardi, inizialmente coinvolto, ma poi uscito dalla vicenda senza alcuna sanzione:

«La posizione di Berardi non riguarda un’assoluzione, bensì un’archiviazione. La Procura FIGC, con l’assenso del CONI, ha chiuso il caso dopo aver appurato – come dichiarato dal suo legale – che si è trattato di un furto d’identità. Berardi è da considerare parte lesa, mai coinvolto realmente».