Gazzetta dello Sport: “Ilicic si confessa — «Ho visto il buio, ma il calcio mi ha salvato. A Palermo cominciò tutto»”
CAPODISTRIA – Josip Ilicic apre finalmente la porta dei suoi ricordi, alternando pause e silenzi a frammenti di vita che raccontano un viaggio intenso, fatto di talento, fragilità e rinascita. Dalla piccola sala stampa del “Bonifika” di Capodistria, dove a 37 anni ha scelto di ripartire con il Koper, l’ex fantasista di Palermo, Fiorentina e Atalanta si racconta alla Gazzetta dello Sport.
«In realtà avevo pensato di smettere — spiega Ilicic a Francesco Pietrella — ma conosco il direttore e il presidente da 25 anni. Quando mi hanno chiesto di dare una mano, ho detto subito sì. I miei colpi sono nati su queste strade».
«A Palermo tutto cominciò»
Fu proprio a Palermo che Ilicic visse la sua prima grande occasione.
«Il ds del Maribor mi chiamò dopo una partita e mi disse: “Ti abbiamo venduto, ma non possiamo dirti dove”. Firmai il contratto due giorni dopo: vidi la bandiera del Palermo e pensai “e se segno?”. Alla fine segnai, ma non esultai», ricorda il fantasista sloveno.
Fu Walter Sabatini, allora direttore sportivo rosanero, a notare per primo quel talento “diverso”.
«Disse che avevo una “tristezza biologica” — racconta Josip —. In realtà sembro addormentato, mi chiamavano la nonna, ma dentro di me non volevo mai perdere. Più mi insulti, più divento forte».
Gli anni di Firenze e la rinascita a Bergamo
«Mi dispiace dirlo, ma con Firenze ho chiuso. Mi hanno criticato anche quando ero il miglior marcatore e assistman. Arrivavamo quarti, ma non bastava mai», spiega Ilicic alla Gazzetta dello Sport.
Poi arrivò l’Atalanta, e tutto cambiò.
«Dovevo andare alla Sampdoria, ma Gasperini mi chiamò: “Vieni a giocare per me?”. Non potevo dirgli di no. Con lui ho scoperto cos’è la fatica: non dormi, ti tremano le gambe, ma entri in un’altra dimensione. Ti cambia la testa».
Quella Dea divenne leggenda: «Paratici mi disse che avevamo un attacco da scudetto. Due gol ad Anfield, cinque al Milan, cinque al Parma. Lì ho capito che stavamo scrivendo la storia».
Il dramma e la rinascita
Il 10 marzo 2020, Ilicic segna quattro gol al Valencia. Poi, il mondo si ferma.
«In molti mi chiedono dove sarei arrivato senza il Covid e la depressione. Non lo so, ma avremmo giocato la finale di Champions. Io non stavo bene: 42 giorni chiuso in casa, lontano dalla mia famiglia. Non mi importavano più i soldi né i contratti. Le voci su mia moglie mi distruggevano, ma erano false».
Racconta Pietrella sulla Gazzetta dello Sport: Ilicic ammette di aver pensato di non farcela, ma preferisce tenere per sé i dettagli più dolorosi.
«Mi hanno offerto soldi per raccontare la mia storia, ma i dettagli li tengo per me», dice con fermezza.
«Gasperini mi ha spinto oltre i limiti»
«Nel 2018 fui ricoverato per un’infezione. Avevo paura di non svegliarmi. Gasperini mi disse: “Devi giocare”. Gli risposi che non stavo in piedi, ma lui insistette. Dopo il terzo gol al Valencia chiesi il cambio, mi ignorò e segnai il quarto. Mi ha spinto oltre i limiti che pensavo di avere», confessa Ilicic alla Gazzetta dello Sport.
Quando Gasperini disse che nel 2020 era da Pallone d’Oro, lui sorrise: «Forse sì. Ma penso a Palermo, dove per la prima volta entrai in palestra. Se l’avessi fatto a 17 anni, chissà. Col Napoli era fatta, poi Percassi bloccò tutto. Mi cercarono Milan e Bologna, ma meglio restare a Bergamo da protagonista che essere uno dei tanti altrove».
Il legame eterno con Bergamo
«Quando sono andato a vedere Atalanta-Real Madrid nel 2024, i tifosi cantavano ancora per me. Modric mi disse: “Non giocavi, ma lo stadio era tuo”. Ho capito allora che a Bergamo mi avevano amato davvero», racconta Ilicic, commosso.
Oggi gioca nel Koper, ma il suo cuore è ancora tra le curve del Gewiss Stadium:
«Abbiamo fatto cose folli, davvero folli. Mi piacerebbe rivedere tutti un giorno».
