Reja: «Mi cedettero al Palermo, ma potevo vincere lo scudetto con Riva al Cagliari»
Ottant’anni domani, quasi tutti trascorsi sui campi da calcio. Dalla carriera di giocatore iniziata a 16 anni fino all’addio alle panchine, due anni fa, a 78. Edy Reja festeggerà il traguardo in sella alla sua bicicletta o in barca a vela, come ama fare da sempre. Lo racconta lui stesso in una lunga intervista concessa a Stefano Cieri per la Gazzetta dello Sport: «Festeggerò come sempre alla Barcolana di Trieste. È tradizione, tranne quando allenavo l’Albania».
La storia di Reja inizia negli anni Sessanta, quando la Spal di Paolo Mazza lo chiama a soli 16 anni: «È stata la mia fortuna», spiega. In quell’esperienza nasce anche il legame con Fabio Capello: «Arrivammo entrambi dal Friuli, vivevamo insieme e giocavamo a centrocampo. Lui più tecnico, io più corsa. Siamo amici da allora». A Ferrara trovò anche l’amore: «Conobbi mia moglie grazie a Fabio: era la migliore amica di quella che sarebbe poi diventata sua moglie».
La carriera da calciatore lo portò anche a Palermo, dove visse «una bellissima esperienza di vita e di calcio», prima di sfiorare un’occasione unica: «Mi stavo per trasferire al Cagliari l’anno prima dello scudetto, ma Mazza mi cedette al Palermo. Avrei potuto vincerlo con Riva».
Le vere soddisfazioni arrivarono però da allenatore. Reja ricorda di aver conquistato otto promozioni, considerando anche quella dell’Albania nella Nations League: «Mi definiscono uno specialista, e mi fa piacere. Con Vicenza, Brescia e Cagliari salimmo in A, poi con il Napoli fu un ciclo straordinario».
Con De Laurentiis, dice, «ci furono anche momenti di tensione, ma bastava una telefonata per chiarire. È un uomo straordinario, ha fatto cose eccezionali». Lo stesso vale per Lotito: «Grande manager, anche se non sempre amato. Con la Lazio arrivammo quarti e quinti, sfiorando la Champions. È il mio rimpianto più grande».
Reja ripercorre anche l’esperienza con l’Atalanta di Percassi, dove fu lui a suggerire un nome che avrebbe cambiato la storia del club: «Consigliai Gasperini. Lo avevo avuto da giocatore a Pescara e sapevo che avrebbe fatto la differenza. È un innovatore come Sacchi: ha portato un calcio nuovo che in Europa hanno studiato e imitato».
Tra i tanti calciatori allenati, due nomi spiccano su tutti: Pirlo e Klose. «Pirlo lo lanciai in B a Brescia a 18 anni, Klose era impressionante per forza mentale e professionalità». Un rimpianto invece resta: «Matuzalem. Aveva talento da fuoriclasse, ma non la testa giusta».
Oggi Reja vive a Lucinico, a Gorizia, con la moglie Livia: «Leggo, pedalo e vado in barca. Il calcio resta dentro di me, ma so che è giusto godersi questo tempo. Ottant’anni? Li porto con orgoglio, perché ogni stagione è stata una lezione di vita».
