Palermo-Como, il doppio ex Cecconi: «Rosanero destinati a tornare in serie A per restarci»

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul doppio ex della sfida di domani tra Palermo e Como e lo fa attraverso le parole di Cecconi.

Ventinove anni fa, contribuì con 14 gol, miglior marcatore rosa, alla promozione del Palermo in B e, con una prodezza nella finale di andata a Como, alla vittoria nella Coppa Italia di C, unico trofeo in sette tentativi. Per lui si aprivano grandi prospettive non solo da bomber ma successivamente come allenatore. Invece, alle soglie dei 59 anni, Luca Cecconi vive da pensionato a Santa Croce sull’Arno. E «il tempo passa sempre più veloce».

Una scelta di vita imprevedibile «Fino all’anno scorso ho affiancato mio fratello commerciante in pellami ma il lavoro era sempre più magro. Ora mi invento le giornate: soprattutto bado a mia madre novantenne».

Perché ha lasciato il calcio? «Non è facile da spiegare. Quel fuoco che percepivo dentro dai tempi di Palermo si è spento. Di Marzio ci lasciava liberi di organizzare le partitelle settimanali e io ne approfittavo per dare maglie e ruoli ai compagni con l’ambizione di diventare allenatore» .Lei è stato sempre un personaggio scomodo. A Como, Preziosi la licenziò malgrado decine di gol perché disse che «continuando così saremmo retrocessi».

«Fu un errore. Pensavo di stimolare il gruppo non di tirarmi indietro. Preziosi era alle prime armi, fosse stato più esperto avrebbe visto che il giorno dopo ero in testa a spingere gli altri. Mi dispiace essere definito “scomodo” ma la realtà è probabilmente quella perché non derogo dai miei principi e da un modo di vivere più tranquillo. Da allenatore troppi stress psicologici e compromessi. Procuratore? Non amo l’elasticità morale».

Come mai definisce Como e Palermo le immagini più belle esignificative della sua carriera? «Palermo fu la mia rinascita. Dopo la retrocessione avvertivo un debito con i tifosi. Il ritorno in B e in più la Coppa Italia mi fecero sentire un’emanazione del popolo, sensazione che solo da voi ho avvertito. A Como andai mio malgrado. Ero sotto contratto col Bologna, Ulivieri chiese alla società di cedermi, inutile restare a dispetto dei santi. Trovai tanto affetto e all’esordio segnai 22 gol. Poi chiesi di andar via e rimasi perché mi imposero di rispettare l’accordo. Ma nonostante queste bizze, l’ambiente continuò a volermi bene».

Nel 1992 solo 935 abbonati, oggi più di undicimila. E una holding che controlla anche il Manchester City. «Lo scivolone in C aveva creato diffidenza, ma alla fine il pubblico aumentò sensibilmente. Gli arabi? Mi sarebbe piaciuta una proprietà palermitana perché la passione e la responsabilità di chi è del luogo è un valore aggiunto. Ma nel calcio attuale ci vogliono spalle grosse e forza economica. Quando giocavo, era diverso. Ora in molti casi trovi imprenditori o gruppi stranieri. Palermo ha un bacino d’utenza che consente investitori importanti. È destinato a tornare in A e a restarci».