Escl. Bellinazzo IlSole24Ore: «Palermo, con la retrocessione hai rischiato il tracollo come il Catania. Fatturato rosanero la metà di quello del Napoli. Investitori stranieri…»

Il calcio moderno è ormai fatto di business e cifre milionarie, di corse ai bilanci e di fatturati, che oggi rivestono un’importanza molto più considerevole rispetto al possedimento di una squadra di livello. Un grande esperto in questo campo è senza dubbio Marco Bellinazzo, giornalista de “Il Sole 24 Ore” e dal 2007 nel campo dell’economia sportiva, un argomento ampiamente trattato in modo approfondito anche nel suo libro dal titolo “Goal Economy. Come la finanza globale ha trasformato il calcio”. Noi di Ilovepalermocalcio.com abbiamo analizzato in sua compagnia la situazione economica del Palermo in prospettiva passata, presente e futura.

Il Palermo negli anni passati è stato uno di quei pochi club con il bilancio sempre in positivo. Nell’anno della retrocessione, però, sono state parecchie le perdite della squadra rosanero. Quanto è costato quel fallimento sportivo in termini economici al Palermo?

«Difficile dirlo nel complesso. Quando c’è una retrocessione bisogna mettere in conto, innanzitutto, il fatto che in Italia c’è una drastica riduzione del fatturato perché si vengono a perdere i diritti tv, inesistenti in serie B. Una realtà come Palermo incassa tra i 25 e i 30 milioni annui da questi, che nell’anno della retrocessione gli sono venuti a mancare. Si parla spesso del famoso “paracadute”, ma questo dura solo un anno. Ovviamente ci sono anche altri elementi delle entrate che si riducono, dallo stadio alle sponsorizzazioni per finire alle attività commerciali, che chiaramente hanno meno appeal rispetto ad una squadra che gioca in serie A».

Il Palermo, inoltre, in serie B vantava una rosa di tutto rispetto e un tetto ingaggio molto più elevato rispetto alle altre squadre…

«Quando scendi in serie B ti porti sempre dietro i costi della serie A e con questi i contratti pesanti. Mentre le clausole che prevedono dei bonus sono sempre ben accette dai calciatori e dai procuratori, le riduzioni d’ingaggio e i tagli in caso di risultati negativi sono sempre difficili da rifilare nei contratti. Quindi il monte ingaggi che ti porti dietro quando retrocedi è più o meno quello della serie A. E’ inevitabile che ci siano forti ripercussioni economiche. Il bilancio 2014 del Palermo, che è quello che corrisponde all’anno della retrocessione, si è chiuso con un rosso di 19 milioni. E’ stato fondamentale riuscire a salire subito nella massima serie».

Cosa rischiavano i rosanero in caso di mancata promozione?

«Oggi, proprio per questi meccanismi, una squadra che retrocede e che non torna subito in serie A rischia davvero di subire un tracollo dal punto di vista finanziario. L’esempio negativo, anche per altri aspetti, è il Catania, un caso che deve fare riflettere l’intero sistema calcistico italiano. Non si può costringere una squadra che retrocede ad ottenere in ogni modo la promozione per evitare l’impatto economico devastante che può avere la mancata conquista della serie A. Non a caso in Premier League è previsto un paracadute più cospicuo, di quasi 60 milioni, ed è spalmato su tre anni. Ciò consente alle squadre inglesi di operare rifondazioni con calma, magari anche puntando sui giovani e non per forza di cose tornare subito nella massima serie».

Oggi, a detta di Zamparini, il Palermo ha finalmente risanato il bilancio grazie alla cessione di Dybala. Possiamo dire che finalmente la squadra rosanero naviga in buone acque?

«Il bilancio si chiude il 30 giugno 2015, verrà approvato nelle prossime settimane. Vedremo come sarà il bilancio 2015 del Palermo. Bisogna tenere conto del fatto che sicuramente l’operazione Dybala ha permesso un forte attivo sui conti del calciomercato. Chiaramente questo tipo di operazioni vengono attuate dopo il 1° luglio, quindi in teoria rientrerebbe nel bilancio 2016 a meno che determinate operazioni non siano state anticipate. Il ritorno in serie A comunque dovrebbe aver garantito ai rosanero un po’ di ossigeno ai propri conti».

Un po’ come successo con Dybala, il Palermo in passato ha dovuto fare cassa con giocatori come Cavani o Pastore, per fare due esempi. L’ambiente palermitano si è sempre lamentato del fatto che il presidente Zamparini non abbia mai trattenuto i giocatori di maggiore tasso tecnico per puntare a traguardi sportivi ambiziosi. Ma quanto sono state importanti per la sopravvivenza del club quelle cessioni?

«E’ vitale per una società con un fatturato come quello del Palermo ottenere plusvalenze dal calciomercato. E’ il destino delle squadre di queste dimensioni. Alcune squadre sono diventate delle vere e proprie industrie come l’Udinese, che per fatturato è poco sotto a quello dei rosanero che mediamente, a seconda delle operazioni di calciomercato, si aggira sui 60-70 milioni annui. Una società con questo tipo di fatturato e che non è riuscita a farlo crescere negli anni avvicinandosi ai 100 milioni, quando arriva un’offerta superiore ai 30 milioni o che comunque, come nel caso di Cavani, ti permette di ottenere una importante plusvalenza, non può permettersi di rifiutare perché quelle cifre mettono a posto i conti di un’intera stagione. E’ chiaro che i tifosi si aspettano di più e vorrebbero sempre una squadra competitiva ai massimi livelli, però devono anche entrare nell’ottica della società».

Si fa spesso il paragone con altre piazze, una su tutte quella di Napoli che con un presidente come De Laurentiis è riuscita a lottare per lo scudetto e a portare a casa qualche trofeo. Può spiegarci perché piazze come il Napoli non sono paragonabili a quella del Palermo?

«Il fatturato strutturale del Napoli è di 120-130 milioni, circa il doppio di quello del Palermo. Nonostante il Napoli abbia una serie di lacune sotto il profilo dell’attività commerciale per non parlare dello stadio non all’altezza degli stadi europei, incassa comunque molto più dei rosanero e questo consente di fare altri tipi di manovre. Anche i partenopei, comunque, sono distanti dalle big europee e dalla Juventus che viaggiano su cifre spaventosamente più alte. Bisogna tenere conto che sia il Palermo che il Napoli si trovano in un territorio come quello meridionale che offre meno in termini di sponsorizzazioni, di sviluppo di attività collaterali che permettono di incrementare il fatturato».

A proposito di attività collaterali, un progetto che il Palermo cerca di portare avanti da tempo e che forse finalmente sta per ottenere il via definitivo è quello riguardante il centro sportivo di proprietà. Quanto è importante possedere un impianto del genere?

«Il centro sportivo può dare moltissimo al Palermo, perché dà un’identità precisa dal punto di vista societario. Palermo è un club che deve avere il proprio centro sportivo perché lì può investire sulle giovanili, può avere un luogo dove vengono accolti e attratti i giovani più promettenti del territorio. Una struttura di proprietà e centralizzata dà un’identità decisamente diversa alle giovanili; si possono svolgere tutta una serie di attività formative, non solo prettamente sportive, che formano i giovani. Lo insegnano le esperienze di Barcellona, Ajax o Manchester City che ha investito nell’accademia oltre 200 milioni di euro. Chiaramente l’investimento del Palermo sarà più basso ma i prodotti del vivaio possono garantire dei ritorni immediati e permette alla squadra di avere dei costi fissi sempre più bassi. Mettere propri giovani in prima squadra non solo significa sviluppare dei buoni giocatori a “costo zero” ma anche mantenere gli stipendi bassi, ridotti mediamente al 50% rispetto a un “big” acquistato in sede di calciomercato. Bisogna inoltre ricordare che i costi per costruire un centro sportivo sono costi ritenuti virtuosi dalla Uefa, quindi non considerati nel fairplay finanziario. Ciò è importante nel momento in cui il Palermo, come si augurano i tifosi, dovesse qualificarsi ad una competizione europea».

Negli ultimi anni sono diversi gli investitori che stanno acquistando squadre italiane. Ultime il Bologna e la Roma. Il Palermo è stato più volte al centro di interesse da parte di presunti arabi, messicani e russi senza però mai nessuno riscontro. Palermo può essere una piazza appetibile?

«Credo di sì, perché è una piazza importante, con uno dei seguiti maggiori in serie A e soprattutto con tanti tifosi sparsi nel mondo. Come nel caso di Napoli ci sono una serie di barriere che potrebbero disincentivare questo tipo di investimenti, legate al territorio, alle difficoltà di investire in realtà così problematiche dal punto di vista della sicurezza, dell’ordine pubblico e della presenza di organizzazioni criminali molto radicate. Un investitore straniero magari preferisce piazze anche meno appetibili come seguito ma più tranquille, anche se sappiamo che ormai la presenza di organizzazioni criminali non è strettamente legata a determinati territori. Questo potrebbe pesare in senso negativo».

Zamparini da qualche anno dice di voler lasciare il Palermo e data la sua età avanzata c’è da credergli. Qualora non arrivasse un investitore serio quanto rischierebbe il Palermo?

«Di recente abbiamo avuto un esempio come quello di Parma, una realtà che aveva tanti imprenditori di qualità e tante aziende che potevano permettersi investimenti nel Parma e che è finita nella mani di persone che alla fine, consapevolmente o inconsapevolmente, l’hanno condotta al fallimento. Il calcio dà immensa visibilità e attira personaggi senza scrupoli e che non hanno le migliori intenzioni. Mi auguro che un futuro passaggio di proprietà del Palermo possa avere epiloghi migliori di quello dei ducali. Ora però, rispetto a quanto avvenuto in precedenza, ci sono delle regole di onorabilità che la Figc ha introdotto per chiunque voglia acquistare il 10% delle quote. Mi auguro quindi che da ora in avanti, se ci saranno passaggi di proprietà, la federazione mostri il massimo dell’attenzione per salvaguardare i patrimoni che appartengono alla collettività. I veri proprietari dei club, alla fine, sono i tifosi che sono i custodi della storia delle squadre. I presidenti passano, è giusto avere rispetto della storia dei club e assicurarsi che finiscano nelle mani giuste».