Ballardini/ fonte Lapresse- ilovepalermocalcio.com
Lo chiamano “Mr Salvezza”. Un’etichetta che può sembrare riduttiva, ma che racconta alla perfezione Davide Ballardini. Quando una squadra è alla deriva e il presidente non dorme la notte, il telefono squilla e lui risponde. Nell’intervista concessa a Lorenzo Cascini per la Gazzetta dello Sport, Ballardini ripercorre una carriera vissuta costantemente in mezzo alle tempeste.
«Ho sempre preso squadre in situazioni disperate, facendo un grande lavoro. Non lo dico io, basta informarsi e guardare i numeri», rivendica l’allenatore, che in quindici anni di Serie A non ha mai concluso una stagione. Un paradosso che Ballardini spiega senza giri di parole, come riporta Lorenzo Cascini sulla Gazzetta dello Sport: «Quando ho iniziato sono sempre stato esonerato in fretta, magari dopo un paio di sconfitte o un litigio troppo acceso. Poi mi richiamavano per raddrizzare la nave».
Tra Cellino, Zamparini, Preziosi e Lotito ha visto davvero di tutto. «Il calcio è un mondo finto, pieno di gente ipocrita e superficiale». Presidenti tutt’altro che tranquilli. «Sono sempre stato chiamato da presidenti fumantini, ammetto di aver litigato con tutti. Non sono nemmeno io un tipo facile», racconta ancora Ballardini nell’intervista firmata Lorenzo Cascini per la Gazzetta dello Sport.
A Palermo il rapporto con Zamparini è rimasto nella memoria collettiva. «Altroché se tremavano le pareti, ma era lui che urlava. Io mi limitavo a rispondere. Provavo a spiegargli delle cose, visto che non guardava le partite. Ascoltava tutti e partiva per la tangente, si fidava più del suo autista o del barbiere che di me». Un clima logorante, segnato da continue interferenze: «Voleva mettere bocca sulla formazione, non gli andava mai bene nulla. Una volta i cambi, un’altra il centravanti. Perdevo un sacco di tempo a rassicurarlo».
Anche a Genova, con Preziosi, non sono mancati gli scontri. «Mancava la stima, prima di tutto. Provava a mettere bocca su schemi e formazioni. Ricordo una litigata a Forte dei Marmi per la cessione di Shomurodov». E con Cellino si è arrivati addirittura in tribunale: «Una storia brutta, folle e triste. Un licenziamento inventato. Da lui non sarei tornato per nessuna cifra. La mia dignità vale troppo».
Ballardini si è spesso chiesto perché non abbia mai terminato una stagione. «Sono capitato in contesti strani, gestiti da personaggi bizzarri. Al Genoa ero settimo quando fui esonerato, per ragioni personali credo. Poi si salvarono all’ultima giornata». L’etichetta di traghettatore non lo pesa: «Mi ha sempre affascinato sovvertire i pronostici. Avrei solo voluto un po’ di fiducia a risultato ottenuto».
C’è anche chi lo definisce difensivista. «Se prendo una squadra che deve salvarsi, di certo non gioco con quattro attaccanti. Ma quando il contesto lo permetteva le mie squadre segnavano. Borriello, Piatek, Destro, Palacio hanno fatto gol con me», sottolinea Lorenzo Cascini sulla Gazzetta dello Sport.
I rimpianti non mancano. «Avrei dovuto scappare dalla Lazio di Lotito. Clima tremendo, giocatori fuori rosa, mercato inesistente. Così come a Bologna, quando vendettero Diamanti a mercato chiuso». Oggi Ballardini guarda, studia e aspetta. «Guardo partite a ciclo continuo, viaggio, mi aggiorno. Chiamate ne sono arrivate, anche dall’estero, ma nessuna mi ha convinto. Mi sento un allenatore da Serie A e penso di meritarla».
Il giudizio finale è amaro e lucidissimo: «Il gioco mi piace, tutto quello che c’è intorno no. È un ambiente che dimentica in fretta. Oggi vali cento, domani zero. Tante dinamiche mi fanno schifo». Parole che chiudono un’intervista senza filtri firmata Lorenzo Cascini per la Gazzetta dello Sport.
