Agenzia di controllo sul calcio italiano, Lo Monaco: «Iniziativa fuori luogo»

Tiene banco nel mondo del calcio la volontà del Governo di sostituire la COVISOC con una nuova agenzia di controllo economico-finanziario che ricada sotto l’ala della politica.

In merito all’argomento si è espresso Pietro Lo Monaco, l’ex dirigente di Palermo e Catania.

Ecco le sue parole ai microfoni di “TMW”:

«L’iniziativa ha dello storico. Da sempre c’è stata l’autonomia del calcio rispetto alla politica e a intromissioni di questo tipo. Il calcio ha un suo organismo di controllo e debbo dire abbastanza cavilloso nell’analisi. Poi capitano situazioni come quella dell’Inter per cui si tende a fare scalpore: un club senza avere i conti a posto viene iscritto al campionato e questo fa sensazione. Qualcuno potrebbe pensare che l’organismo di controllo usi due pesi e due misure ma io vi posso dire che così non è. Anzi, al proprio interno si dota di ulteriori organismi federativi, che vigilano sui passaggi di proprietà. Chi acquisisce una società professionistica deve avere determinati requisiti. La costituzione peraltro abbastanza recente e per vigilare affinché i nuovi componenti delle compagini societarie rispondano. Sono aggiunte. La selezione è ferrea, e vale per tutti».

La Serie C sarà toccata? «Normale che sarà sempre quella con più problemi. In Serie C dico sempre si hanno paghe da soldati semplici ma obblighi da generale. Questo avvalora la cavillosità del nostro sistema, viene difficile mantenere certi obblighi senza un tipo di entrate. Sono tutte spese a carico ed è normale che qualcuno fatichi. E se in A e B sono controlli relativamente semplici, in C sono 60 squadre. Mi sembra che l’iniziativa del Governo sia fuori luogo. Ho letto d’altra parte che Gravina sapeva di questa cosa: se così fosse sarebbe grave il non aver subito messo il carro davanti ai buoi, per evitare che prendesse piede».

«Da dove parte l’idea del Governo? Le regole sono basati su principi giusti: sei un club professionistici e se non riesci, devi stare fuori. Come in ogni organizzazione, diventa deficitario quando l’individualismo prende il sopravvento rispetto al dogma comportamentale. E può capitare che qualche individualità tenda a far rispettare o meno determinate cose. Però il principio di controllo è legittimo, anche troppo. Non mi sorprendo, il Governo periodicamente ha tirato fuori delle storielle, per ogni settore. E non mi stupisce che adesso prenda di mira il calcio. Ma evidentemente si spara alle mosche con i cannoni: c’è già un organismo esistente che si appoggia a un ulteriore organismo».

«In che direzione si va? Non vorrei che fosse un gioco… Strano. Un gioco strano della politica per entrare a piedi uniti nel sistema calcio. Anche con i problemi il calcio è andato avanti… Forse deve darsi altre regole interne per irregimentare i costi in un alveo di serenità. Ma deve farlo il calcio stesso, non di certo la politica. Ricordo quando ero al Catania e feci un intervento in Lega Serie A: si parla sempre di autonomia e poi si lascia sempre fare al Governo. Si parlava della morte del povero Filippo Raciti e da quel momento il sistema è cambiato: abbiamo iniziato a parlare di prefiltraggi e di altre situazioni che in altri paesi non esistono. Oggi si vietano trasferte ai tifosi al minimo segnale d’allarme e tutto questo allora fu permesso alla politica. Entrarono nel calcio ma fu possibile solo perché si verificò un episodio che toccò veramente tutti. Si verificasse anche per i conti, beh…».