“All’Inter mi hanno dato per finito”: la leggenda interista contro la società | Lui vola a Torino
Inter - fonte lapresse - ilovepalermocalcio
Spesso nascono polemiche anche sterili.
Le polemiche tra una leggenda e il club in cui ha scritto pagine di storia non sono rare nel calcio. Spesso nascono da una sensazione di scarsa considerazione: un ex campione che ha dato tutto per la maglia può sentirsi messo da parte, dimenticato o non valorizzato adeguatamente. Questo accade soprattutto quando la società non gli riconosce un ruolo nel presente, né un tributo coerente con ciò che ha rappresentato per i tifosi.
Le fratture possono emergere in diversi modi: dichiarazioni pubbliche, interviste pungenti, oppure silenzi carichi di rancore. Talvolta la leggenda vorrebbe far parte della dirigenza, del settore giovanile o dell’ambiente tecnico, ma non riceve alcuna proposta. In altri casi il club preferisce voltare pagina per costruire un’immagine nuova, rischiando però di incrinare il legame con la propria storia.
Il peso emotivo di queste polemiche è enorme. I tifosi si dividono tra chi difende a spada tratta la leggenda e chi sostiene la società, creando fratture interne. L’immagine del club può uscirne danneggiata: se una figura amatissima critica la dirigenza, la credibilità della società ne risente. Per questo, la gestione dei rapporti con i grandi ex richiede equilibrio e sensibilità.
Una possibile via d’uscita è costruire un dialogo costante, offrendo agli ex campioni ruoli che rispettino le loro competenze e la loro importanza simbolica. Celebrarli con eventi, iniziative o incarichi onorari non è solo un atto di gratitudine, ma anche un investimento sulla propria identità. In fondo, una leggenda è parte viva della storia di un club, e trascurarla significa rinnegare le proprie radici.
Dal cuore nerazzurro al bianconero
Roberto Boninsegna ha raccontato alla Gazzetta dello Sport il suo passaggio dall’Inter alla Juventus, un trasferimento che non avrebbe mai immaginato. Per anni la Juve era stata il “nemico”, mentre l’Inter rappresentava qualcosa di più, la squadra del cuore. Segnare ai bianconeri era un piacere speciale, sempre accompagnato da grande rispetto, nonostante le battaglie sul campo.
Sul trasferimento ricorda la decisione unilaterale del presidente Fraizzoli, che lo convocò e comunicò la cessione senza possibilità di replica. Boninsegna avrebbe voluto restare, ma la società riteneva Anastasi più adatto e giovane. La scelta, però, si rivelò affrettata: a Torino fu titolare in due stagioni su tre, vincendo anche lo scudetto e allungando la carriera.

Lo sguardo sul presente bianconero
A Boninsegna è stato chiesto cosa lo convinca dell’attuale Juventus. La risposta è stata chiara: la permanenza di Vlahovic. Per l’ex attaccante sarebbe stato inutile cederlo, perché il serbo è un centravanti forte, mancino e con ampi margini di crescita, a patto che venga servito con continuità.
Secondo lui, dopo i primi due gol stagionali, Vlahovic merita di partire titolare. La concorrenza in attacco non manca, ma la fiducia è l’arma principale per un bomber di razza. Boninsegna vede in lui il potenziale per rilanciarsi e diventare decisivo, così come lui stesso seppe reinventarsi alla Juve dopo l’addio all’Inter.
