Vigorito (Pres. Benevento): «Calciatori in ritiro? Gli operai mica dormono nelle aziende»

Il Presidente del Benevento Oreste Vigorito è intervenuto ai microfoni di “Stadio Aperto” su “TMW Radio” parlando dell’emergenza Coronavirus: «Questo virus era l’ultima cosa di cui aveva bisogno questo paese. Avevamo i primi segnali di ripresa dopo la crisi del 2009, questa epidemia per noi è stata una mazzata dalla quale sarà difficile risalire, sicuramente però ce la faremo come fu per i nostri genitori e nonni, colpiti da altri cataclismi».

Quali immagini l’hanno colpita di più?
«Quelli di chi è andato via, e di chi è stato a soffrire negli ospedali. Quello che mi ha lasciato allibito è che tutto si sia aggravato maggiormente in quelle regioni che per noi del Sud sono sempre stato esempio di efficienza e laboriosità, che hanno affrontato e combattuto una battaglia con risultati meno efficienti di quanto visto dopo, questo ha fatto perdere qualche certezza in più a tutto il sistema. Per fortuna al sud sembra rallentare, non oso pensare cosa sarebbe successo se avesse dilagato con la stessa virulenza che al nord».

Come sono stati questi 40 giorni di stop nel mondo del calcio?
«Io faccio una riflessione preliminare, non credo che il sostegno ad un’azienda che produce camere da letto debba essere meno aiutata di una che produce giocattoli. Entrambe hanno un ruolo nella società moderna, quando si parla del mondo del calcio si intende solamente un divertimento, e si tende a trasferirci sopra una serie di proiezioni che lo fanno apparire come un di più, ma questo è un mondo economico, finanziario e sociale. Oltre ad avere una funzione educativa, ma perché lo trattiamo come un aspetto secondario? Lo chiedo alle istituzioni e alle nostre associazioni. Abbiamo un’azienda che distribuisce milioni di euro, e non solo a quel 10% di giocatori che fanno una vita da nababbi, ma alle migliaia di persone che ci ruotano intorno. L’esclusione da quello che è un modo di sostenere l’economia del mondo del calcio mi sembra assurda. Vedo il calcio come un’azienda messa all’angolo, che al pari di tante altre grandi aziende sta avendo poco sostegno».

Il protocollo FIGC è attuabile?
«Sarà difficilmente attuabile anche in Serie A, non solo in B. E se vai verso un calcio più povero, diventa addirittura un sogno irrealizzabile. Si aggiungono costi di parecchie centinaia di migliaia di euro per una squadra di Serie B per finire il campionato. La spesa maggiore è il ritiro prolungato per due mesi, a parte dei mancati incassi per i biglietti e dei trasferimenti. Ma un operaio quando finisce la giornata di lavoro, va a casa o dorme in azienda?».

Questo sarà al centro dell’incontro con Spadafora.
«Domani il nostro presidente Balata, dopo il direttivo di oggi, avrà le stesse domande: ma perché un calciatore deve dormire nello stadio? Tolta questa voce, il protocollo potrebbe essere pure applicato. Ma perché l’azienda calcio non dovrebbe essere sostenuta dalla FIGC o dalla stessa FIFA? Immagino che Gravina si stia muovendo in tal senso, ma il problema serio è che non lo sa nessuno. Ci sono pochissime comunicazioni su cosa si fa o si debba fare, mentre abbiamo dichiarazioni di presidenti d’ogni livello che dicono cosa dovrebbero fare gli altri».

Qual è la vostra posizione?
«Il Benevento vive una stagione unica da 14 anni a questa parte, ha sempre accettato le decisioni, presentando uno o al massimo due ricordi in tutto questo periodo: credo sia un record per un presidente. E questo nonostante situazioni in cui siamo stati danneggiati da altri, prima che qualcuno scoprisse 3-4 anni dopo che non fossero state proprio partite cristalline. In più nei famosi ripescaggi siamo sempre stati messi dietro alle varie Reggina e Vicenza per la loro storia, e non per il merito calcistico. Laddove dovesse esserci una decisione di merito sportivo, ma di natura politica o economica o qualunque altro tipo, sottacendo valutazioni di carattere diverso, il Benevento non ci starebbe. Non si può annullare un intero anno di sacrifici, di tutti di chi si iscrive al campionato per vincerlo: essendo una soluzione non voluta da nessuno, bisogna far valere le classifiche che avevamo prima dello stop. Lo accetterei anche se ora fossi al terzo posto: a chi mi accusa di pensare al mio orticello, dico che non è colpa mia però se avevamo vinto tutte quelle partite fino a quel momento. Dopo 47 punti su 54 nell’andata, stavamo viaggiando con due punti in più nel ritorno… Cosa vuole che le dica? Il Benevento si uniformerà alle decisioni, con l’augurio che responsabili e dirigenti ritrovino il bandolo di una matassa molto intricata».

Fino a quando si può arrivare come tempistiche come conclusione per la Serie B?
«De Crescenzo, come Platone, dice che il tempo non esiste. Se si pensa che con i Mondiali del 2022 si stravolge il campionato, interrompendolo a ottobre-novembre per poi tornare a giocare, non vedo perché non si debba fare lo stesso per questo virus. Se questo campionato non può finire, perché deve cominciare l’altro? Quando finiremo questo gli atleti avranno i loro venti giorni di vacanza, e poi si comincia con l’altro, modulandolo magari su quello che va a precedere i Mondiali. Anche perché le altre nazioni hanno i nostri stessi problemi: invece di giocare alle 22 a Verona col ghiaccio a terra o da altre parti con la bufera, giochiamo a luglio nelle serate fresche. Anche per la gente sarebbe diverso, vivendo così l’estate, e poi a settembre si riparte».

Da dove dovrebbe ripartire il calcio?
«Da far fare una visita a tutti i presidenti delle squadre che si ostinano a spendere più di quanto potrebbero. Recuperata un minimo di quella razionalità, con me davanti a tutti, servirebbe migliore equilibrio nelle risorse. Le fughe in avanti sono perché chi ha portafogli da cinque scompartimenti e chi uno solo: fin quando ci sarà questa enorme disuguaglianza, il calcio non avrà mai pace. Più o meno è come quando cominci a bere: da un bicchiere ti ritrovi alcolizzato. Dobbiamo esserlo di meno, tornare a quei valori del calcio di provincia di una volta».

C’è tanto caos nelle istituzioni.
«Le leggi che regolano il calcio sono del ’90, se non erro. Pensate che Serie A e B sono in minoranza rispetto a Lega Pro e dilettanti in assemblea, ma hanno più soldi. Chi ha di più ha meno in assemblea: sembrano quei parlamenti di una volta, c’è un disequilibrio incredibile. Quando devi rinnovare i quadri dirigenziali, c’è una spaccatura continua per tutte le componenti. Il virus non ci voleva, ma qualcuno mi ha detto che la Terra in questo caos almeno si sta dando una ripulita contro l’inquinamento. Fosse il cielo, anche il calcio si ripulirà?».