Se l’holding di Mansour investisse il 5% di quello ha messo per il City il Palermo sarebbe fortissimo

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sul ritiro del Palermo a Manchester e gli investimenti del gruppo di Mansour. Ecco un pezzo a firma Luigi Butera:

Cinque giorni per conoscersi meglio e per cementare il gruppo. E, stando a quanto hanno detto tutti, il mini ritiro a casa del City ha «partorito» un Palermo ancora più compatto di quanto lo fosse prima di sbarcare in Inghilterra. La controprova, come sempre, la darà il campo, laddove il Palermo non potrà più sbagliare. A cominciare dalla sfida di sabato con il Sudtirol.

A Manchester i rosanero sono venuti a contatto con il calcio vero. Quello in cui si spendono vagonate di soldi per costruire le squadre, ma anche valanghe di sterline per costruire strutture come il Campus in cui il Palermo ha vissuto per cinque giorni come in un sogno. Non sorprende lo stupore di Brunori&C., ma c’è da chiedersi perché debba essere cosi e perché l’Italia sia cosi indietro calcisticamente (e non solo…). Dopo il ritorno in A, il Palermo lottava per l’Europa, spesso ci andava e in squadra aveva giocatori di altissimo profilo internazionale (basti pensare ai campioni del mondo del 2006).

Eppure in quegli anni d’oro non è riuscito a darsi un patrimonio diverso dal brand squadra. Cosa comune a tantissimi altri club italiani che pensano solo all’immediato pia che al progetto a lungo termine. E quando succede quello che è accaduto al Palermo nel 2019, buonanotte suonatori. Come dicono ii presidente Mirri e l’ad Gardini, fare calcio senza strutture impensabile. A Palermo basterebbe che il City Football Group investisse il 3-5% di quello ha messo per il City (circa 2,5 miliardi di euro) per riportare il Palermo in paradiso e garantirgli un futuro a vita. La speranza è che ciò avvenga, e – chissà – magari fra un paio di anni potrebbe essere il City a svernare da queste parti.