Repubblica: “Zanardi ora non rischia la vita “Possibili danni neurologici”. Il camionista: “Era già caduto, non ho potuto evitarlo”

Alex Zanardi, campione di Handbike, fortunatamente non sembra in pericolo di vita dopo il terribile incidente di venerdì. Lo sportivo è andato a impattare contro un camion durante una gara di Handbike e le sue condizioni sono sembrate disperate fin da subito. Il camionista non ha potuto fare niente per evitarlo e adesso non si dà pace. Di seguito le sue parole ai microfoni di “La Repubblica”:

È riuscito a dormire, almeno un po’?
«No… appena chiudo gli occhi riparte quel film».
Quale film?
«La salita, il camion che arranca, cambio marcia, la curva a sinistra, la macchina della municipale che mi viene incontro, il gruppo di ciclisti, Zanardi che sbanda… E io che sterzo a destra provando ad evitarlo. Ma era impossibile. Non c’era spazio».
A casa di Marco, la mattina dopo, c’è odore di caffè. Quella appena trascorsa è stata una notte senza sonno. Nell’appartamento a Castelnuovo Berardenga, nel Senese, i tre figli hanno appena finito di fare colazione. Le tazze e i biscotti alla cioccolata sono sul tavolo. «Mi scusi per il disordine, vuole anche lei un caffè?», si affretta a dire la moglie.
L’ospitalità sincera di una famiglia di brave persone, con l’animo oppresso da una storia più grande di loro.
Marco («il cognome no per favore, voglio tutelare i bambini») ha 44 anni e da quando ne aveva 20 guida autocarri per l’azienda che fu del padre e ora è del fratello maggiore.
Ha viaggiato ovunque in Italia. La strada da Pienza a Montalcino l’ha percorsa tante volte, non ha mai avuto problemi. Mai, fino al pomeriggio di venerdì. Le 16.45, quella curva, Alex.
Cos’è successo, Marco?
«L’ho visto con i miei occhi sbandare e cadere. Ha come perso il controllo del mezzo. Prima ha invaso un po’ la mia corsia, poi è caduto a terra sbattendo la spalla sinistra. È stato un secondo, le ruote della sua handbike erano per aria. Ho provato ad allargarmi sulla destra rischiando di andare fuori strada, ma se non l’avessi fatto sarebbe stato un frontale. Con la coda dell’occhio l’ho visto sparire, ho temuto che fosse finito sotto le ruote».
A che velocità stava andando?
«Io non più di 30 chilometri all’ora. Il camion era a pieno carico, stavo trasportando cereali da consegnare al Consorzio Agrario di Sinalunga, e la strada, nella mia direzione, era leggermente in salita».
Il gruppo di Zanardi a quanto
andava?
«Piano non andava, ma non so di preciso. Nel drappello c’erano 7-8 ciclisti, mi pare. Era preceduto da un’auto della municipale, bianca e rossa, e dietro c’erano altre due automobili».
Ha capito subito che si trattava di Alex Zanardi?
«No, ero troppo sconvolto. Mi sono fermato appena sentito l’impatto: ho alzato la tavoletta dell’acceleratore e il camion, così pesante e in salita, si è arrestato immediatamente. Sono sceso, e già attorno ad Alex si era formato un capannello di persone che gli stavano prestando soccorso.
Ero ammutolito. Sono riuscito solo a comporre il numero di mia moglie.
Non ricordo bene quando mi hanno detto che quell’uomo a terra era Zanardi». (La moglie gli si avvicina, lo conforta stringendogli il braccio. «È un uomo sensibile, è ancora sotto choc…»). «Proprio Zanardi… Una grandissima persona, lo ammiro per il suo coraggio, per tutto quello che ha saputo fare nella vita. Come sta?».
È grave, in rianimazione.
«Speriamo che ce la faccia anche questa volta».
È una strada pericolosa, quella?
«Un ciclista mi ha detto che la curva dell’incidente è “bastarda”, perché se non stai attento il leggero pendio ti porta a invadere l’altra corsia. Pare succeda spesso».
C’era qualche segnalazione?
«No, zero. Un chilometro prima ho notato una macchina parcheggiata lungo il ciglio della strada, credo fosse della provinciale, con una donna al posto di guida. Non stava segnalando niente. Poi, dopo alcune curve, ho visto arrivare la colonna dei ciclisti, preceduta di pochi metri dall’auto della municipale. Era come se la stesse scortando facendo da apripista, ma non aveva lampeggianti e nessuno sventolava bandierine per avvertire del passaggio, come ho visto fare durante le gare. Comunque, ripeto, io andavo a trenta all’ora ed ero nella mia corsia».
È stato sottoposto all’alcol test?
«Sì. Era negativo. Negativo anche il tossicologico. Sono molto ligio, non mi hanno mai ritirato la patente».
Era al telefono quando ha incrociato il gruppo di ciclisti?
«No. E comunque ho l’auricolare e il vivavoce nella cabina».
Il suo camion è molto grosso e ha un rimorchio. Poteva circolare in quel tratto?
«Sì, non ci sono divieti per i tir. Del resto passano tutti di lì, è una via molto trafficata».
Si sente di dire qualcosa alla famiglia di Zanardi?
«Sono distrutto dal dolore, ma neanche immagino quello che possano provare in queste ore la moglie e il figlio di Alex. Mi dispiace tantissimo. Appena avrò modo, voglio parlare con loro. Lo farò, ma non attraverso il giornale».