Repubblica: “Palermo, altro scandalo: «Accanto a mio figlio neonato, in corsia un ragazzo con la tubercolosi»”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su uno scandalo all’ospedale dei Bambini a Palermo.

Non è passato neanche un mese da quando Gabriella Fiore, con una lettera a Repubblica denunciò i disagi cui era andata incontro sei mesi prima con il figlio alla Nefrologia dell’ospedale pediatrico Di Cristina di Palermo. Cambia il reparto, ma errori, superficialità, approssimazione, sporcizia e degrado restano uguali. A denunciarlo è Noemi G., 35 anni, madre di due bambini, il più piccolo di soli 4 mesi, ricoverato lo scorso 29 dicembre per una bronchiolite nel reparto di Pneumolgia e Allergologia. «Su consiglio della pediatra sono andata al pronto soccorso dell’ospedale — racconta la signora — perché mio figlio non riusciva a respirare bene. È entrato con codice giallo intorno alle 13,30 e soltanto alle 20 lo hanno ricoverato. Già l’attesa di tante ore per un neonato così fragile è a mio giudizio un fatto inaudito, ma sapendo come vanno le cose negli ospedali palermitani ho aspettato con pazienza che arrivasse il mio turno».

Compagno di stanza del neonato, un ragazzino ricoverato per una pleurite, almeno così sapeva la mamma del giovane paziente, «anche se ci risulta che il giorno prima il bambino fosse stato sottoposto al mantoux test — aggiunge Noemi G. — l’esame specifico per individuare la presenza dell’infezione». Sembra dunque che, nonostante i medici avessero avuto il sospetto dell’infezione, abbiano lasciato per tutta la notte e parte della mattinata il ragazzo nel reparto di Pneumatologia fino all’esito positivo del mantoux test. «Ricordo benissimo — aggiunge la signora — che il medico, non appena ha saputo l’esito dell’esame, è uscito trafelato dalla stanza in cui stava visitando i piccoli pazienti, tornando dopo circa 40 minuti e ordinando finalmente il trasferimento del ragazzo. Da quel momento anche l’atteggiamento dei medici e degli infermieri è cambiato totalmente: entravano con le mascherine, qualcuno restava addirittura sul ciglio della porta senza preoccuparsi minimamente di dare anche a noi genitori i dispositivi di protezione».