L’ultimo viaggio di Zamparini. Palermo piange il presidente. La Serie A storica e l’Europa, un’epopea indimenticabile

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma sui risultati storici del Palermo sotto la guida di Maurizio Zamparini.

Quando il 29 maggio 2004 il Palermo tornò in Serie A, l’Impero stava solo vedendo la luce. E Zamparini, di quell’Impero, è stato l’Imperatore. Sovrano unico e insindacabile, a volte benevolo e altre dispotico, di un qualcosa che ben presto assunse dimensioni inimmaginabili. Alzi la mano chi, il giorno di Messina-Palermo di Coppa Italia nel 2002, potesse immaginarsi undici maglie rosanero schierate in campo per una partita di Coppa Uefa, soltanto tre anni dopo. Nonché l’Europa non fosse nei piani del patron friulano, ma la velocità con cui arrivarono i risultati fu più esaltante dei risultati stessi. Palermo si è trovata catapultata dalla Serie B all’élite del calcio italiano senza neanche rendersene conto.

Senza neanche capire che dall’«AndiAmoci» scritto in curva nord per un Palermo-Verona al gol di Brienza che fece crollare la Juventus passarono giusto 616 giorni. Potevano essere di meno, perché il Palermo di Zamparini sfiorò la promozione in Serie A già al primo anno, quello del «travaso» di Longarone (o del «furto di Pergine», come lo definirebbero i vene ani). Undici giocatori sotto contratto col Venezia passarono in rosanero, seguiti da Santana (che i lagunari avrebbero dovuto riscattare dal San Lorenzo) e da tutta un’altra serie di calciatori con cui Glerean avrebbe dovuto costruire un Palermo spettacolare.

Durò giusto tre partite di Coppa Italia e una di campionato, con un girone d’andata troppo brutto per le ambizioni estive. La rimonta nella seconda metà di stagione, con Sonetti in panchina, portò i rosa allo «spareggio» di Lecce per il quarto posto, ultimo utile per la A. Lo vinsero i salentini, ma da quella sconfitta venne fuori un Palermo ancora più forte. Una macchina da guerra per la vittoria del campionato più lungo di sempre. Una cavalcata di 46 gare, terminata col trionfo casalingo con la Triestina. La promozione che una città sognava da 31 anni, diventata realtà.

Il bello, però, doveva ancora arrivare. Perché il Palermo, forse per la prima volta in tutta la sua storia, non si presentò ai nastri di partenza della massima serie per salvare la categoria. Il «Barbera», tutto esaurito per l’intero campionato, diventò ben presto territorio di sconfitta per le big del calcio italiano. La Juventus e la Roma furono le prime a cadere in Sicilia, mentre tutta l’Italia si chiedeva dove potesse arrivare, il Palermo di Zamparini. Lottò, fin quando ha potuto, per andare in Champions League. Andò in Uefa e sembrò quasi che la piazza si dovesse accontentare, senza nemmeno riuscire a realizzare la grandezza di quanto fatto.