Inchiesta Plusvalenze: i club puntano su un vizio di forma per annullare il processo

Il logo all'ingresso della sede della Figc (Federazione Italiana Gioco Calcio) a via Allegri durante la riunione del Consiglio Federale, Roma, 25 giugno 2020. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Nella giornata di ieri la Procura della FIGC ha fatto le sue richieste davanti al Tribunale Federale Nazionale per quanto riguarda il processo sulla questione plusvalenze che coinvolge, tra le altre, anche Juventus e Napoli in Serie A. Come riportato da “La Repubblica” il processo ruota intorno a una domanda, a cui dovrà rispondere il Tribunale presieduto da Carlo Sica: può un metodo di valutazione dei calciatori definito a posteriori diventare il paradigma per una sanzione disciplinare?

La Procura ha riformulato le valutazioni dei calciatori sulla base di un metodo tutto suo: non un algoritmo ma una semplice somma di presenze, gol, categorie di provenienza, “premiando” in un certo senso la carriera più della crescita in prospettiva. «Secondo questo metodo i giocatori di 35 anni varrebbero tantissimo, quando in realtà nessuno vorrebbe comprarli, mentre dei giovani per cui ci hanno offerto milioni varrebbero centomila euro», ha commentato un presidente, contestando il sistema.

Tuttavia la Procura rischia di aver commesso un grossolano autogol capace di polverizzare l’intero procedimento. Un vizio procedurale, contestato dalle difese di tutte le società coinvolte. Il primo atto dell’indagine, infatti, è una lettera in cui la Covisoc invia quella che in un processo ordinario si definirebbe la “notizia di reato” alla Procura. Secondo le accuse, però, non lo è: scrive infatti la Covisoc di avere avuto «pregresse interazioni» con la Procura, e richiama una nota di sei mesi prima, ossia del 14 aprile. In cui la Procura avrebbe fornito alla Covisoc «indicazioni interpretative» per rintracciare possibili plusvalenze gonfiate.