Gds: “Palermo violenta: «Città insicura, noi gay sotto attacco»”

L’edizione odierna de “Il Giornale di Sicilia” si sofferma su quanto accaduto ieri a Palermo con un gruppo di ragazzi omosessuali aggrediti in centro.

L’ennesima notte da incubo che allunga la scia di azioni criminali in una città sempre meno sicura. E il teatro della vicenda è sempre il centro dove tutti guardano e nessuno interviene mentre gli aggressori fanno quello che vogliono nella totale impunità. Venerdì sera sei ragazzi omosessuali sono stati aggrediti in via Ruggero Settimo da un gruppo di dodici minorenni che a volto scoperto hanno cominciato a insultarli e poi a picchiarli con calci e pugni.

Due sono riusciti a scappare e a chiedere aiuto mentre gli altri, a terra, hanno subito la violenza del branco. Occhi gonfi e sangue dalle orecchie per alcuni di loro, che dopo il referto all’ospedale sono stati dimessi senza gravi conseguenze fisiche. Rimangono, invece, quelle psicologiche. Doveva essere una serata di svago e spensieratezza, si è trasformata in una notte da brividi il cui canovaccio, in questi mesi, si ripete troppo spesso. A raccontare quanto accaduto, tra le vie illuminate dai pub di un centro che sembra incarnare giorno dopo giorno i vizi dei quartieri periferici della città, è proprio una delle vittime.

La voce di Marco, 27 anni – il nome è di fantasia – è ancora increspata dal terribile ricordo di quanto vissuto venerdì sera. «Io e i miei amici abbiamo trascorso la serata in un locale di via Mariano Stabile. Verso mezzanotte siamo usciti e dopo circa mezz’ora siamo arrivati in via Ruggero Settimo all’angolo tra i negozi Sisley e l’ottica Randazzo». Lì Marco si accorge che un gruppo di ragazzi, «anzi una mandria di circa 12 persone» si dirige dal Teatro Politeama al Teatro Massimo. «Non avevano – racconta – facce amichevoli e ho pensato sarebbe stato meglio allontanarci perché temevo volessero derubar ci».

Il branco supera l’incrocio, uno di loro comincia a borbottare qualcosa e poi partono gli insulti omofobi: «Ho replicato – aggiunge Marco – chiedendo ad uno di loro quale fosse il problema. Poi uno del gruppo si è inventato delle frasi che non abbiamo mai pronunciato. Un pretesto per sferrare il primo ceffone al mio amico che era di spalle, un ceffone micidiale». Con le botte arrivano anche le minacce: «Ci hanno minacciato di morte e hanno indicato un borsello, facendoci credere di essere armati. Io e un mio amico ci siamo messi in salvo e abbiamo chiamato i soccorsi. A quel punto i nostri aggressori sono scappati come codardi»