Gazzetta dello Sport: “L’atto d’amore di Rossi: «Palermo, ero in debito»”

Ha varcato i cancelli di Boccadifalco con il telefonino pieno zeppo dei messaggi degli ex giocatori del suo Palermo. A raccontarlo è l’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”, che si concentra sul ritorno di Delio Rossi nella panchina dei rosanero e sulla sua conferenza stampa di presentazione. Il suo ritorno, scrive il quotidiano, l’ha definito un debito di riconoscenza per quelle due stagioni vissute al massimo. «Se avessi ragionato razionalmente avrei dovuto dire di no – ammette -, ma quando mi ha chiamato il Palermo non ho fatto tutte queste valutazioni, anche perché penso che Palermo abbia vissuto un’apice sotto la mia gestione. Sono stato rispettato come uomo e professionista, quindi se nel momento di difficoltà mi si chiede di dare una mano, non posso dire di no. È un debito di riconoscenza. Anche perché ho firmato per 4 partite senza nessuna promessa in cambio. Probabilmente avrei detto di no a un’altra squadra, al Palermo no. Non sono mago Merlino, ma voglio dare una mano. Ho entusiasmo e voglia, queste 4 partite ci giudicheranno».

Il quotidiano si è poi concentrato su alcune valutazioni dell’allenatore: «Devo cominciare senza stravolgere nulla, anche perché a 4 giornate dalla fine non si può cambiare un sistema di gioco. Si può dare serenità, cognizione dei propri mezzi, qualche dritta basata sull’esperienza, ma senza stravolgere niente. Devo metterei giocatori nelle migliori condizioni possibili, e penso di avere l’esperienza giusta. Ho bisogno più di uomini che di giocatori, voglio gente positiva e non persone che si piangono addosso. Farò leva sul loro orgoglio. La differenza la deve fare anche l’ambiente. Bologna era simile ma non del tutto. L’anno prima era in A e pensava di dover stravincere il campionato, a 3 giornate dalla fine dovevi passare per forza dai playoff e lì chi arriva di slancio li vede come una risorsa, chi invece doveva vincere il campionato in carrozza li vede come una penitenza. Usai il buonsenso, intervenendo sulla testa dei giocatori». E sull’allenamento a porte aperte: «La gente deve stare vicino ai ragazzi e alla società in questo momento di difficoltà. È facile dare pacche sulle spalle quando tutto va bene, ma adesso bisogna stringerci per dare il massimo e tirare una riga. Non ha importante chi ha avuto questa idea, tanto l’allenamento dobbiamo farlo e lo stadio è più vicino a dove abito io».

Durante la conferenza era presente anche il presidente del Palermo Rino Foschi e lo stesso quotidiano evidenzia le sue parole: «Sono orgoglioso di presentare un allenatore, non lo sono dell’esonero – ammette -. È stata una cosa improvvisa, non ne avevamo parlato prima. È successo negli ultimi giorni, dopo un pareggio digerito male. Ho fatto questa scelta,pensando all’anno scorso. La responsabilità di questa decisione è mia. Personalmente mi voglio addossare questa colpa o merito che sia, ho fatto questo cambio in prima persona e ho chiamato Rossi. Un’improvvisata, pensava che scherzassi e l’indomani è partito col suo gruppo. È stata una somma di risultati negativi con le piccole, abbiamo superato gli scontri diretti, ma la partita più importante dell’anno per me era quella col Padova. Mettendo insieme i risultati positivi con le grandi e la serata col Padova ho parlato con l’allenatore, in un momento delicato a fine partita. Già sul loro rigore ero teso, pensavo a un dramma. Sono sceso nello spogliatoio e, una parola tira l’altra, è successo questo. Molto probabilmente se fossi andato in albergo, invece di scendere negli spogliatoi, non sarebbe successo. Invece sono andato avanti con quello che mi
fa paura. L’anno scorso il Palermo ha cambiato allenatore a 4 partite dalla fine e sapete com’è andata a finire. Una storia che non voglio ripetere. La forza l’ho avuta pensando che c’era Rossi, un allenatore e un uomo che stimo molto come Stellone, con cui purtroppo è finita male». E infine sulla cessione… «Sono presidente a tempo, ma questa storia non mi piace molto. Io faccio la parte tecnica, per la società ci sono gli avvocati – spiega Foschi -. Non posso occuparmene più, ci sono troppe cose. Spogliatoio, allenatore, società, io faccio presidente e direttore sportivo: mancano autista e mister, poi le ho fatte tutte. Io sto attento per dare una mano, ma non è il mio lavoro».