Gazzetta dello Sport, Corini e il Palermo: «Un legame forte, va oltre il pallone»

“Quello che per anni è stato il suo dominio, domani sarà terra di conquista. Sarà un Barbera diverso da quello che ribolliva davanti alle gesta del proprio capitano: lo storico ritorno in Serie A dopo 31 anni e i tre piazzamenti in Coppa Uefa. Non sarà lo stesso stadio nemmeno rispetto a un anno fa, quando il suo ritorno, da allenatore, portò 20 mila persone sugli spalti in un momento di grande crisi dopo 8 sconfitte consecutive. Pagine di una carriera lontane l’una dall’altra, ma accomunate da un addio forzato, l’ultimo addirittura con le dimissioni. Stavolta, in uno stadio semivuoto, Eugenio Corini, col suo Novara, proverà a lasciare il segno, non tanto per una rivincita su Zamparini, ma per il prestigio.

«A Palermo mi sono sentito sempre benvoluto, al di là delle cose che abbiamo fatto in quegli anni splendidi, con questa città c’è un legame che va oltre l’aspetto calcistico».

Ha fatto più male il mancato rinnovo nel 2007 o le dimissioni di nove mesi fa?

«Preferisco ricordare soltanto le cose belle. Con Zamparini c’è stato sempre un rapporto chiaro, nel rispetto delle nostre opinioni, sia quando ero giocatore, che da allenatore. Lo ringrazio per le opportunità che mi ha dato affidandomi anche la panchina lo scorso anno, però quando è venuta meno una strategia condivisa per provare a compiere il miracolo della salvezza, alla quale io credevo, ho capito che, prima per il rispetto verso me stesso e poi per i tifosi, era giusto che mi dimettessi».

È una bella occasione per prendersi una rivincita.

«Nei confronti di Palermo non ho nessuna rivincita da consumare. Non posso dimenticare, per il mio debutto della scorsa stagione in casa con il Chievo, i 20mila del Barbera».

E con Zamparini? Si sarà sentito scaricato.

«Quando parlo di strategia condivisa, mi riferisco alla gestione del quotidiano, dagli allenamenti alla gara, fino alle scelte del mercato di gennaio che potevano aiutarci a convincere una squadra che stava provando a ricompattarsi a crederci. Non ci fu nulla, mentre l’epilogo del campionato ha dimostrato che potevamo farcela. E poi, quel clima da dentro o fuori a ogni partita non permetteva di costruire niente. Ogni allenatore ha bisogno di un po’ di tempo per raccogliere i frutti del proprio lavoro».

A Novara c’è un’altra filosofia.

«Lasciano lavorare, c’è una politica condivisa, che tiene conto di un mercato consapevole e delle situazioni contingenti dell’organico. Avevo bisogno di un’esperienza del genere. Abbiamo avuto un avvio difficile, non ho potuto contare fin dall’inizio su giocatori importanti come Casarini e Dickmann, strada facendo abbiamo perso l’attacco: Maniero, Macheda, Sansone, Chajia. Però, ho avuto risposte importati dai giovani e ci siamo rimessi in carreggiata con le due vittorie su Frosinone e Brescia, adesso non ci dobbiamo fermare».

Il Palermo, così come le altre accreditate per la promozione, non ha preso ancora il largo. Vuol dire che anche l’anno scorso era già una buona squadra di B?

«No, il Palermo come il Frosinone sono composte in larga parte da giocatori di A, l’Empoli è stata costruita più sulla Serie B, ma sono le favorite. Il fatto che il Palermo sia ancora imbattuto la dice lunga sulla sua ossatura».

Dopo il Frosinone, la tentazione di diventare ammazza grandi è forte.

«Mi piacerebbe se fossimo i primi a battere il Palermo, sarebbe un motivo di orgoglio e un’iniezione di fiducia per il resto del campionato».

Che per il Novara prevede la salvezza? O magari sotto sotto state pensando ai playoff?

«Questa classifica racchiusa in pochi punti può portare dalla gloria al baratro in tre partite. Per me è normale provare ad andare oltre. Sui playoff dico che possiamo provarci, a patto che i giovani diano continuità e la rosa torni al completo con quegli elementi di esperienza che ci stanno mancando. Con queste condizioni possiamo alimentare un sogno»”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport”.