Dalma Maradona: «Il Napoli non mi fa entrare nello stadio intitolato a papà»

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulle parole della figlia di Maradona, Dalma.

In mezzo a tante serie, film, ricordi di Diego Armando Maradona ne sta arrivando uno molto particolare. Dalma, figlia del Diego, attrice, sta girando un documentario che si chiama “La hija de Dios”, «come il monologo che presentai a teatro una decina di anni fa». Dalma è a Buenos Aires. Sta per andare a Riad, in Arabia, e poi a metà dicembre sarà a Napoli per girare alcune scene. È emozionata. Non vede l’ora. Ma come tutto ciò che circonda Maradona, questo suo racconto, ricordo, omaggio del padre è complicato come la vita stessa.

Da quanto tempo non va a Napoli?

«Da 8 anni. La visitai da turista, da sola, e fu meraviglioso. Da quando papà aveva lasciato il Napoli non ero mai tornata nella città dove ho vissuto la prima parte della mia vita. È stato molto emozionante».

Che cosa sta preparando?

«Il progetto è per una piattaforma internazionale e come nella precedente opera teatrale l’idea è quella di spiegare perché per me mio padre non era Dio, che era invece la percezione che di lui aveva tanta gente. Il tono è quello di una commedia, tra aneddoti personali e follie generali attorno a lui. È un omaggio a mio padre, un atto d’amore assoluto. E aggiungo che visto tutto quello che si è fatto e si produce sulla sua figura sento di avere un pochino più di autorità sul tema rispetto ad altri. Io sono me stessa e interpreto me stessa in un percorso sentimentale ed emotivo».

Quindi verrà allo stadio che quando lei nacque era il San Paolo e oggi è il Diego Armando Maradona.

«Beh, questa era l’idea. Amo Napoli e il Napoli, sento che la passione nei confronti di mio padre va molto oltre il calcio e per questo provo tante cose per i tifosi napoletani. Napoli è l’ultima tappa del mio viaggio. Attraverso la casa di produzione locale (la Bronx, ndr ) abbiamo chiesto le autorizzazioni necessarie per girare allo stadio ma il Napoli ci ha detto di no. Non ci potevo credere, così ho chiesto di riprovare. Niente. Ci hanno detto di no con una mail di pochissime parole, senza spiegazioni o motivazioni».

Lei non ha contattato nessuno del club?

«Di fronte a questi no così asciutti ho cercato e ottenuto il telefono del presidente Aurelio De Laurentiis e gli ho scritto, con rispetto, raccontandogli il mio progetto. Il messaggio è stato letto ma ancora non ho ricevuto alcuna risposta. Tra l’altro gli ho anche chiesto di intercedere sulla questione Insigne».

Ovvero?

«So che a Lorenzo piacerebbe partecipare al documentario, perché mio padre ha significato tanto per lui che lo porta tatuato sul corpo. Però anche lui ci ha fatto sapere che non può girare senza l’autorizzazione del club, e il Napoli gliel’ha negata. Sinceramente non so cosa sta succedendo e il fatto di non poter entrare in un posto che porta il mio cognome mi sembra una follia. Non c’è niente che mi dà più orgoglio del pensare che uno stadio, come succede qui con il campo dell’Argentinos Juniors, si chiami Diego Armando Maradona, mi sembra spettacolare. Però sfortunatamente non mi ci lasciano entrare».

Il Napoli sta giocando con una maglia con l’immagine di suo padre.

«Sì. E su questo ci sono diversi procedimenti giudiziari aperti. C’è una persona che sta usando il nome e l’immagine di mio padre senza alcun tipo di autorizzazione, e la questione è in mano agli avvocati. Che sia chiaro: sono incredibilmente orgogliosa del fatto che mio padre sia parte della storia del Napoli, però non bisogna approfittarsi di lui, né sfruttare la sua immagine e il suo nome. Le cose vanno fatte bene, per realizzare certi progetti bisogna parlare con le persone giuste. Non è un caso che nessuno dei figli fosse presente all’inaugurazione della statua dedicata a mio padre allo stadio. La gente non sa cosa c’è dietro questa cosa, a me l’idea piace, eccome, però mi dà fastidio il fatto che la persona che ha donato questa statua l’abbia fatto per nascondere tantissime altre cose, è inammissibile».

Vi hanno contattato per partecipare?

«È stato tutto molto confuso. Inizialmente ci hanno invitato, poi no, poi sì, una follia. Però non potevamo partecipare a un atto di presentazione di una statua regalata da una persona con la quale abbiamo un contenzioso legale. Con il Napoli non abbiamo avuto relazioni, e io non ho nulla contro la società: i nostri problemi legali sono con altri e saranno regolati in tribunale».

È possibile un avvicinamento tra le parti?

«Magari. Io voglio solo far vedere il San Paolo come ho fatto vedere gli stadi di Argentinos Juniors e Boca. E ancor di più ora che ha il nome di mio padre e, ripeto, il mio cognome. Io andrò comunque: è una delle tappe del percorso emozionante e significativo per la città che mi ha disegnato la produzione. Spero che si trovi una soluzione».