Corriere dello Sport: “Processo al Palermo. Ma Corini è più solo, ecco perchè il City non cambia”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla posizione di Eugenio Corini e sul City Group.

La diaspora di Palermo: un’intera stagione a discutere sulle qualità dell’allenatore e i metodi della nuova proprietà, con in mezzo i saliscendi di una squadra mai davvero definita, a tratti cinica e travolgente e poi improvvisamente svagata e presuntuosa. Mai come in questi mesi rosanero si è captato il profondo divario fra come la pubblica opinione, in particolare nelle piazze più passionali, giudica e vede il calcio e il modo di gestione piuttosto inusuale rispetto agli schemi italiani che il City Group intende applicare. Seguendo peraltro un “sistema” condiviso da altre dodici società sparse per il Mondo, sia pure in contesti differenti per cultura e tradizione.

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Parametri differenti. La differenza fondamentale sulla quale ci si scontra ancora oggi in particolare per la posizione dell’allenatore è relativa al metodo: nel nostro calcio, praticamente, i processi sono quotidiani a qualsiasi livello e la spinta dell’umoralità è fortissima, soprattutto in una città come Palermo che porta 30.000 persone allo stadio e riempie ogni settore ospite in trasferta.

Per il City, il confine temporale è diverso, le valutazioni sono razionali e di gruppo, la prima norma è aiutare chi è in difficoltà, capire come migliorare il lavoro per superare le criticità che peraltro in un campionato così lungo e logorante puntualmente affiorano. E su questo la proprietà non è disposta a fare sconti, le decisioni toccano al management, la soluzione che sembra più facile, spesso voluta dalla piazza, viene considerata una extrema ratio. Il problema non viene mai individualizzato (cambiamo l’allenatore e tutto si risolve), anche perché l’eventuale “testa” da far saltare alla fine non sarebbe soltanto una ma concerne tutto uno staff che ha impostato un certo tipo di lavoro sin dagli albori di questa avventura