Coronavirus in Sicilia, l’infettivologo Cacopardo: “Eravamo quasi a casi zero, ora sono preoccupato”

L’infettivologo Bruno Cacopardo, primario del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Garibaldi, commenta così l’attuale situazione legata all’epidemia da coronavirus in Sicilia, che mostra un netto rialzo dei casi nelle ultime settimane, anche dovuti ai numerosi sbarchi dei migranti sulle coste dell’Isola.

Di seguito alcune sue parole rilasciate a “Lasicilia.it”: C’è un lassismo evidente dei cittadini che ormai sono convinti che il virus non esista più. Qualche giorno fa transitando da un paese dell’Etna mi sono imbattuto in una festa patronale con una chiesa gremita di fedeli e tanta gente, moltissima, senza mascherina. E basta fare un giro in città per rendersi conto che non esistono ormai distanziamento e rispetto delle regole. Forse tutto ciò è causato anche dall’aspetto ludico dei siciliani che dopo il lockdown vogliono vivere l’estate senza pensare ad altro. Tra i punti poi più importanti il disinteresse dei giovani che hanno mollato mentre, al contrario, nel lockdown si erano comportanti molto bene.

E adesso fanno movida e assembramenti senza osservare le tre regole d’oro: indossare le mascherine, adottare il distanziamento e lavarsi le mani. Con queste tre regole avremmo potuto contenere il virus. Devo dire che in questo momento anche le autorità avrebbero dovuto ricordarsi che bisognava prendere provvedimenti più decisi.

Guardo la situazione catanese e in generale quella siciliana con un certo timore. Devo dirle la verità. A giugno c’erano tutti i presupposti per arrivare entro l’estate a incidenza di casi zero. Dovevamo mantenere stabile quella situazione, con una serie di provvedimenti, per arrivare a neutralizzare la circolazione del virus evitando un possibile ritorno in autunno.

O questa risalita di casi si farà più forte, perché verranno meno i fattori di protezione dell’estate – come i raggi ultravioletti e il caldo – ma mi auguro che non si tratti di una risalita importante, perché potremmo ritrovarci in difficoltà e tutto ciò potrebbe coincidere con i primi malanni parainfluenzali, mandando in tilt i nostri ospedali.

Oppure, seconda ipotesi, il virus manterrà una sua linearità e non continuerà a salire, con pochi casi giornalieri, dei quali solo 2,3 meritevoli di attenzioni ospedaliere. Questo è un processo che prende il nome di endemizzazione, cioè non si crea una epidemia ma una circolazione a bassi livelli sul territorio. Speriamo in questa seconda possibilità».