Giornale di Sicilia: “Palermo, movida di sangue. «Assassini, mi hanno distrutto la vita»”
Un nuovo sabato notte di sangue a Palermo. Come riporta Virgilio Fagone sul Giornale di Sicilia, la movida del centro si è trasformata ancora una volta in teatro di morte. La vittima è Paolo Taormina, vent’anni, ucciso con un colpo di pistola alla nuca davanti al pub di famiglia, «O Scrusciu», in via Spinuzza, a pochi passi dal Teatro Massimo.
Secondo le prime ricostruzioni, Paolo sarebbe intervenuto per difendere un ragazzo vittima di un pestaggio da parte di un gruppo proveniente dallo Zen. In pochi attimi, la lite si è trasformata in tragedia. Il killer, identificato in Gaetano Maranzano, 28 anni, pregiudicato e appartenente a una famiglia già nota alle forze dell’ordine per droga e violenza, ha estratto l’arma e fatto fuoco.
L’uomo è stato fermato poche ore dopo il delitto dai carabinieri, rintracciato proprio nel quartiere Zen. In casa aveva una pistola calibro 9, ora sottoposta a esami balistici. Maranzano, assistito dagli avvocati Luca Monteleone e Rosanna Vella, ha confessato di aver sparato a seguito di una discussione degenerata. Ha dichiarato di portare la pistola «per motivi di sicurezza personale, perché Palermo è una città violenta».
Le indagini e la confessione
Come scrive il Giornale di Sicilia, l’indagato ha raccontato ai magistrati di aver avuto uno scontro con la vittima per vecchi screzi legati a presunti sfottò nei confronti della sua compagna. Una versione che gli inquirenti, coordinati dal procuratore Maurizio de Lucia, stanno verificando, acquisendo anche le immagini delle telecamere di videosorveglianza.
Poco prima del fermo, Maranzano aveva pubblicato sui social un video tratto dal film Il capo dei capi — un gesto che, secondo gli investigatori, lasciava intendere che si aspettasse l’arresto. Ora si trova al carcere Pagliarelli, in attesa della convalida del fermo con l’accusa di omicidio volontario.
Il dolore della famiglia
Sul luogo dell’omicidio, la madre di Paolo, Fabiola Galioto, è stata tra le prime a soccorrere il figlio. Ancora con i jeans macchiati di sangue, ha gridato la sua disperazione: «Assassini, mi avete distrutto la vita». Accanto a lei, il marito Giuseppe e i due figli più piccoli, insieme a parenti e amici del giovane.
«Come si fa a sparare in testa a un ragazzo?», ha urlato la donna davanti al locale di famiglia, dove Paolo lavorava da tempo per aiutare i genitori. Solo pochi mesi fa, dopo la strage di Monreale — in cui tre ragazzi furono uccisi in un altro sabato notte — aveva scritto sui social: «Dovete buttare le chiavi di chi uccide, non è giusto tutto questo».
Un ragazzo perbene, un’altra vita spezzata
Gli amici lo ricordano come un giovane educato e laborioso. «Paolo stava lavorando, cercava solo di fermare una rissa. In dieci picchiavano un ragazzo. Lui è uscito per dire di smetterla e uno gli ha sparato», racconta un testimone citato dal Giornale di Sicilia.
Uno zio della vittima aggiunge: «Era un gran lavoratore, aiutava la famiglia. Non si può morire così». Paolo era da poco tornato dagli Stati Uniti, dove aveva studiato, e sognava di costruirsi un futuro nella sua città.
Palermo si risveglia così in un nuovo incubo, in quella che Virgilio Fagone definisce «una spirale senza fine di sangue e violenza», dove le strade della movida diventano ogni sabato notte un campo di battaglia.
