«Con riferimento all’intero periodo considerato (2016-2020) – si legge nel report –, l’andamento aggregato dei ricavi delle maggiori imprese operanti nel settore televisivo, registra una flessione del 12,0%, con un calo che, in valore assoluto, è superiore ad un miliardo di euro. Il valore complessivo dei ricavi è stimato, nel 2020, pari a 7,89 miliardi di euro in calo rispetto all’anno precedente dell’8,7%».

«Tale risultato è dovuto in particolare alla riduzione delle risorse provenienti dalla vendita di spazi pubblicitari (-10,3%) e da quelle concernenti il segmento delle offerte a pagamento (-8,2%). Maggiormente intensa della media è risultata la riduzione per Mediaset (-9,2%) e Sky (intorno al -10%), mentre la Rai limita al -5,4% la diminuzione degli introiti complessivi, con il canone che flette del 4% e la pubblicità del -6,5%».

«Al riguardo, va osservato che quest’ultima componente non include, per mancanza di adeguate informazioni contabili relative al mercato italiano, gli introiti delle società che vendono servizi video in streaming quali ad esempio DAZN, Netflix, Prime Video (Amazon), Disney+. Come conseguenza di questi andamenti, la composizione dei ricavi dei principali operatori di settore vede il canone del servizio pubblico rappresentare il 21,9% delle risorse, la pay Tv circa il 31,6% e la pubblicità il 34,1%», specifica il documento

Allargando invece lo sguardo al periodo 2010 – 2020, l’andamento complessivo dei ricavi dei tre principali attori del settore televisivo (Gruppo Rai, Mediaset e Sky Italia) ha visto una riduzione di oltre due miliardi di euro (da 9,20 a 7,19, pari a una riduzione del 21,9%). In relazione alla tipologia di ricavo, gli introiti pubblicitari si sono ridotti di 1,45 miliardi mentre la flessione delle risorse fornite da servizi video a pagamento è stata di circa 530 milioni.