Sannino e la retrocessione con il Palermo: «Zamparini mi promise 500 mila euro in caso di salvezza. Ma quella rosa…»

L’edizione odierna de “La Repubblica” ha riportato un’intervista a Giuseppe Sannino parlato della retrocessione in B del Palermo e di Zamparini.

Abita a Forte dei Marmi, a due passi da Baldini, entrambi licenziati in rosanero. Ma, almeno, Giuseppe Sannino la seconda chance con Zamparini l’ha avuta nella stessa stagione e per poco non sfiorò il miracolo. «Chiusa un’esperienza favolosa a Siena, il fatto di potermi cimentare a Palermo, dove molti allenatori non avevano visto l’alba, mi sembrava affascinante. Sapevo di rischiare, ma debbo dire grazie a Zamparini che mi ha fatto conoscere una realtà – società, tifosi, città- bellissima».

L’esonero dopo due sconfitte e un pari. «Neppure il tempo di cominciare ed ero già fuori. Quando si prende un allenatore bisognerebbe dargli carta bianca. Arrivarono Gasperini, poi Malesani, ancora Gasperini, infine mi richiamò e mi chiese: Ma, lei se la sente? Risposi che sarei tornato anche per una sola partita perché lontano dal campo sto male. Zamparini mi disse anche che, se avessi salvato la squadra, mi avrebbe regalato 500mila euro. Rifiutai, i soldi non li volevo perché me ne aveva già dati tanti».

Il Palermo retrocesse. «Malgrado tutto fu una delle pagine migliori della mia carriera perché quando tornai vincemmo partite incredibili contro Inter, Roma, Sampdoria. Con un Ilicic maestoso. Poi sul più bello l’errore di Sorrentino contro il Bologna e il pareggio ci tagliò le gambe».

Eppure i nomi non mancavano. «Ilicic, Dybala, Miccoli, Munoz, Barreto. Una rosa ampia, forse troppo. Al mio ritorno trovai una persona fantastica, Antonio Pintus, il preparatore che fa volare il Real di Ancelotti. Vedere campioni che inneggiano a lui, è un motivo di orgoglio e mi ricorda quando lavoravamo insieme a Boccadifalco».

Dybala era un ragazzino. «Lo è ancora, nel senso più puro della parola. Vorrei che altri giovani fossero come lui, con la sua umiltà. Lo seguo in tv ed è uguale a quando lo conobbi. Peccato per l’epilogo con la Juve, io l’avrei tenuto capitano per sempre. In Italia, abbiamo bisogno di talenti come lui. Ma il nostro mondo è una macchina trita tutto».

Nella sua lunghissima attività ha guidato anche la Triestina. «Sì, cinque anni fa. Dopo otto mesi, decisi di andarmene. Era un gruppo di ragazzini sconosciuti. Fossi rimasto, sarei arrivato agli spareggi. Sono forse il tecnico che ha presentato il maggior numero di dimissioni. Non abbandono la barca, è una questione di dignità, se mi prendi devi fidati. L’ho fatto anche da secondo o da primo in classifica. È successo pure in Grecia: alla vigilia della sfida per andare in A, la situazione era diventata insostenibile. “Fatevela voi la finale”: me ne andai sbattendo la porta e furono eliminati».