Sacchi: «Seconde squadre? Siamo un paese arretrato e senza cultura»

Intervenuto ai microfoni de “Il Romanista”, Arrigo Sacchi si è così espresso sull’introduzione delle seconde squadre in Italia. Ecco il suo pensiero:

«Io penso che dopo che un club ha lavorato per anni su un giovane calciatore magari prendendolo quando aveva 7-8 anni e poi lo ha affidato a istruttori e allenatori preparati propri, sia giusto che il club continui ad occuparsene anche nel momento cruciale e più importante della sua crescita senza affidarlo ad altri.Lo dico spesso, noi siamo un paese arretrato, senza cultura sportiva, calcisticamente indietro di 30-40 anni. Commentiamo solo il risultato, mai la prestazione, basta un gol per passare da genio ad asino. Nel 1998 lavoravo all’Atletico Madrid, e la seconda squadra già c’era, era un cosa normalissima in Spagna. Non potevano arrivare in Serie A eppure riuscimmo a vincere il campionato senza poi essere promossi, ma non era quello l’obiettivo, era di avere una continuità di lavoro del settore giovanile. In un ambiente che generalmente deve essere più organizzato di un club di Serie C. Per anni i club che volevano le seconde squadre, le volevano perché avevano 50-60 tesserati. Le volevano perché volevano fare commercio di calciatori, ma non aveva senso. Ora, invece, in questa riforma sono stati fissati dei limiti di età, una cosa giusta e utile».