Roberto Russo: “Io, campione del mondo innamorato di Palermo. Ho festeggiato la promozione in B al Politeama”

L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta un’intervista a Roberto Russo dopo la vittoria del mondiale di volley.

Ha imparato i fondamentali con il filo dello zio Claudio davanti al mare di Trappeto. Poi la strada impervia di un grande talento che inizia “tardi”, a 15 anni, ma vince un mondiale a 25. È la storia di Roberto Russo da Partinico, 2.05 di altezza, centrale della nazionale consacrata sul tetto del mondo in Polonia. «Farsi notare in Sicilia è quasi impossibile, devi avere “cazzimma”, scaltrezza – dice Russo – la mia Sicilia è l’odore di salsedine e di mare e il centro storico di Palermo con i suoi mercati e la voglia di stare insieme, ma anche la mia squadra del cuore rosanero».

Si è reso conto del fatto che da Partinico è diventato campione del mondo di pallavolo, ma ha cominciato solo a 15 anni? «Rispetto al Mondiale ancora non ci credo. Dal Partinico alla A con Perugia e la nazionale la mia carriera è stata così veloce che nemmeno me ne sono reso conto».

Eppure, da ragazzino, il pallone lo prendeva solo a calci. «Non è stato amore a prima vista con la pallavolo. Avevo 8 anni e i miei mi fecero fare un mese di prova. Ma io colpivo la palla coi piedi. Così, mi sono iscritto alla scuola calcio. Il mio idolo era Ibrahimovic, con la sua classe e la sua spavalderia. Io me la cavavo e ho fatto dei provini per l’Inter. Ad Alcamo però, non mi sono trovato con allenatore e squadra e non mi divertivo più».

Ed è arrivata la pallavolo: come ha imparato, così tardi, la tecnica? «Con mio zio Claudio, che è stato un pallavolista. Ci mettevamo in giardino, nella casa di villeggiatura della Ciammarita (a Trappeto nel Palermitano. ndr). Lui stendeva un filo che simboleggiava la rete e mi prendeva a pallonate e io poi piangevo».

Quali sono i suoi luoghi del cuore della Sicilia? «Quando torno vado sempre alla Ciammarita, al mare. Lo faccio da solo o prendo la sera una birra con un amico, perché ho bisogno di sentire quell’aria, respirare la salsedine. Adoro anche la zona di Castellammare del golfo. E poi amo Palermo, la sua cultura, il centro storico, i mercati come la Vucciria e Ballarò e la voglia di stare insieme. Con Partinico, invece, è amore e odio. Non mi piace la mentalità e il fatto che non ci sia nulla per i giovani, a parte i racconti di spaccio e degli arresti. Però è il posto dove sono nato e al quale sarò legato sempre».

Un amore forte anche per la squadra rosanero «Sì, ho visto la gara contro il Genoa prima della semifinale. Ma ero anche allo stadio per la promozione in B e con gli amici ho festeggiato al Politeama con un panino con le panelle. Ma ricordo pure gli anni della grande serie A da abbonato con mio padre in curva Nord. È la squadra della mia città, devo sostenerla».