Repubblica: “Serie A nel caos. Marotta: «Siamo vicini al collasso»”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul caos scatenatosi dal rinvio di alcune partite dell’ultima giornata di Serie A. Per Beppe Marotta, amministratore delegato dell’Inter, «chiederci di giocare con la Juve questo lunedì è stata una richiesta provocatoria». È la risposta alle accuse di Dal Pino, che poi non ha rinfocolato la polemica anche se dalla Lega hanno poi fatto sapere che nella proposta avanzata ai nerazzurri (e agli juventini, che l’avrebbero accettata) non c’era nulla di provocatorio: «Era, al contrario, un’idea seria e concreta». Nel consiglio di Lega che si è tenuto in conference call ieri mattina sono volate parole grosse tra la coppia interista Marotta-Antonello e quella istituzionale Dal Pino-De Siervo, presidente e ad della Lega: si è arrivati praticamente agli insulti, e a una frattura ben difficilmente ricomponibile. Marotta, perché avete rifiutato di giocare questa sera? «Perché era un’ipotesi impraticabile, quasi provocatoria. Ce l’hanno ventilata venerdì sera in maniera informale, ma non abbiamo voluto prenderla in considerazione per almeno tre motivi». Vale a dire? «Prima di tutto, saremmo andati contro la logica della tutela della salute pubblica: non credo che nell’arco di 24 ore sarebbe cessato l’allarme coronavirus. Secondo, perché lo Stadium sarebbe stato aperto solamente ai tifosi della Juve e questo avrebbe creato ulteriori polemiche, oltre a una situazione di disparità. Terzo, perché avremmo dovuto posticipare Juve-Milan di Coppa Italia a giovedì sovrapponendola a Napoli-Inter: a quel punto, avremmo avuto le rimostranze della Rai, che per i diritti tv paga fior di quattrini».
È vero che vi siete opposti anche alla possibilità di giocare mercoledì o giovedì, rinviando le semifinali di Coppa Italia a maggio? «Ufficialmente non abbiamo ricevuto nessuna proposta in questo senso, ma l’avremmo rispedita al mittente». L’Inter sta agendo in questo modo per ripicca? «No, per tutela dell’uniformità. Era stata presa una decisione molto chiara, giovedì: si gioca a porte chiuse. E tutti si erano adeguati, per senso di responsabilità. Il cambiamento di sabato ha invece fatto saltare tutto per aria, creando un problema di calendario di difficilissima soluzione. Le porte chiuse erano l’unico strumento che avrebbe potuto garantire la regolarità del campionato. Altre strade non ne vedo. A questo punto, però, è uno strumento che non possiamo più usare, perché è stato delegittimato dalla decisione che la Lega ha preso senza consultarci, senza un confronto con consiglieri e assemblea, senza addurre motivazioni precise e creando una situazione di disagio, di squilibrio, di disparità tra i club interessati». Ha delle alternativa da proporre? «Ne parleremo mercoledì in assemblea, ma il campionato rischia veramente il collasso. Però sarà importante ritrovarci tutti assieme e avere la possibilità di discuterne, finalmente. Restano le partite condizionate dal provvedimento che il governo ha preso su Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, ma sarebbe un’incongruenza non validare le porte chiuse una settimana e validarle quella dopo». Mantenere la scansione temporale delle partite è un metodo che condivide? «Sì, sarebbe corretto. E quindi dovrebbero avere la precedenza le partite rinviate la settimana scorsa».