Repubblica: “L’altra Brexit, Manchester City fuori dall’Europa. Arrestato l’hacker…”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sull’esclusione del Manchester City dalla Champions League per le prossime due stagioni. Il club rischia di perdere tutti i campioni. È la sentenza pesantissima della Uefa, oltre a 30 milioni di euro di multa, che monca brutalmente il City di Guardiola a causa “di gravi violazioni del regolamento”. È la calciopoli di questa suprema squadra inglese: non andrà in Serie B come la Juve, non rimarranno macerie ma è chiaro che reputazione, prestigio e programmazione sono pesantemente compromessi. Quale giocatore o allenatore ambizioso rimarrebbe in un team che per due anni non potrebbe misurarsi con “i grandi”? Riassunto delle puntate precedenti: il caso è venuto fuori da un’inchiesta di fine 2018 del settimanale tedesco Spiegel , “Football Leaks”, per cui, secondo alcune mail interne ottenute, il Manchester City dal 2012 al 2016 avrebbe aggirato le rigide regole del fair play finanziario della Uefa, create per arginare lo strapotere dei paperoni del calcio europeo. Secondo la sentenza, il City mascherava i finanziamenti del suo patron, lo sceicco Mansour bin Zayed al Nahyan, della famiglia reale di Abu Dhabi, pompandoli nel club dopo averli spacciati per entrate dello sponsor Etihad, comunque legato allo stesso Mansour. Dei 68 milioni ufficiali di sponsorizzazione per magliette e stadio, solo 8 sarebbero di origine controllata. Il resto arriverebbero da una società legata allo sceicco, in barba alle leggi Uefa. E dire che il City era già stato pizzicato nel 2014 e sistemò tutto con una sessantina di milioni di euro di patteggiamento. Stavolta non basta. Il City è furioso. Non ci sta. Dice che «il procuratore della Uefa aveva già rivelato pubblicamente l’esito di questo processo, gestito in ogni sua parte solo e soltanto dall’Uefa. Vogliamo un organismo indipendente a giudicare sulla questione», tuona il club, «faremo ricorso alla giustizia sportiva del Tas il prima possibile». Secondo il City, le email incriminate dello staff del club arrivate allo Spiegel sono «fuori contesto». In verità, quei messaggi paiono piuttosto espliciti. Ma chi li ha passati allo Spiegel? Almeno questo si sa. È Rui Pinto, oscuro ex ragazzino “nerd” portoghese, oggi 31enne, che è diventato l’Assange del calcio: ci sono quelli che lo considerano un paladino della libertà dell’informazione contro la censura dei potenti e quelli per cui siamo di fronte a un criminale-hacker. Mesi fa Pinto è stato estradato dall’Ungheria in Portogallo, che lo ha sbattuto in cella dopo tanto sbattimento. Contro di lui ora ci sono 171 accuse per “hackeraggio”, “furto di documenti”, “estorsione” e altre amenità giudiziarie. In passato, Pinto avrebbe ricattato varie autorità sportive dopo aver ottenuto, secondo i suoi nemici illegalmente, i documenti con cui ha rivelato varie nefandezze del calcio europeo, per poi fondare la sua piattaforma “Football Leaks” dove postava gli scoop.