Repubblica: “La presidenza di Zamparini è stata come un matrimonio con una donna bellissima e completamente priva di sentimenti…”

“Ieri ho chiesto al mio editore di procurarmi una copia de “Il mio amico Michael”, libro ormai fuori catalogo di Frank Cascio. Per conoscere meglio il potenziale futuro proprietario del Palermo e sapere cosa aspettarmi. Le premesse, per quanto mi riguarda, sono ottime. Ha un nome fantastico. È italo americano, e io adoro gli italo americani, perché sono nostalgici nei confronti della terra d’origine e hanno una voglia smisurata di esternarlo, che il più delle volte si traduce in spendere un sacco di piccioli. Soldi e amore, che si può volere di più? Cascio era un grande amico di Michael Jackson, e io adoro Michael Jackson. Già mi immagino gli altoparlanti del ribattezzato “Favorite Stadium” diffondere l’assolo di Van Halen in “Beat It” per intimorire gli avversari, Embalo e Bentivegna ballare dopo un gol sulle note di “Don’t Stop ’Til You Get Enough”, Ballardini che fa il moonwalking mentre le Curve si annacano all’unisono… Soldi, amore e black music, che si può volere di più? Inoltre, scrivendo quel libro su Michael Jackson, Cascio ha dimostrato di sapere fare fruttare i propri sentimenti, che in tempi di fair play finanziario è molto ma molto importante. Ricomincia la seria A amici, e per chi tifa Palermo si preannuncia una stagione ancora più strana e assurda delle precedenti. L’ultima stagione dell’era Zamparini. A me un po’ dispiace. A Zampa voglio bene, anche se è miliardario e io odio tutti i miliardari che non sono miei parenti, anche se la scorsa stagione ha metaforicamente sputato sulla maglia rosanero e sulla faccia di tutti i tifosi. Gli voglio bene lo stesso, come ne vorrei a un vecchio zio avanti con l’età. Il fatto è che me lo ricordo bene quando è iniziata. Estate 2002. Veniamo da una stagione in B (siamo gli sguatteri della Roma di Sensi). A luglio Zamparini compra il Palermo e vi trasferisce l’intera rosa del Venezia. Da un giorno all’altro ci ritroviamo giocatori come Maniero, Morrone, Santana, Di Napoli, e di lì a poco arriveranno i meravigliosi Lamberto Zauli e Tonino Asta. Che contentezza per noi tifosi, abituati agli Erbini, ai Criniti, ai Triuzzi, agli Incrivaglia. La verità è che in quell’inizio c’era già tutto Zamparini: spregiudicatezza, arroganza, ambizione, fiuto per i calciatori, mancanza di buone maniere. E disprezzo assoluto del concetto di appartenenza. La presidenza di Zamparini è stata come un matrimonio con una donna bellissima e completamente priva di sentimenti. Non è affatto male, dopo anni di astinenza fisica ed emotiva, dopo i Ferrara e i Polizzi. Ma in un matrimonio senza amore il destino è già scritto. E di solito si compie quando finiscono i soldi. Abbiamo avuto i nostri bei momenti. I grandi campioni con indosso la maglia rosa: Barzagli, Grosso, Amauri, Miccoli, Dybala, Bresciano, Simplicio. Ho visto Pastore danzare il tango con il pallone sull’erba del Barbera. Ho visto uno dei più grandi registi italiani di sempre, Eugenio Corini, indossare la fascia di capitano. Ho visto tifosi, critici e giornalisti prendere in giro Zamparini per l’ennesimo giocatore sconosciuto pagato fior di milioni, e poi rinnegare tutto e calare la testa di fronte all’esplosione di Dybala, Cavani, Pastore, Ilicic. Ci sono state squadre che giocavano in modo meraviglioso: il Palermo di Guidolin, quello di Iachini, e il mio preferito, ideato da Ballardini e portato a compimento da Delio Rossi. Ho visto anche cose inaccettabili: non tanto gli esoneri a pioggia o la mancanza di un fantomatico “progetto”. Ho visto mandare via calciatori che a Palermo ci sarebbero rimasti a vita: Biava, bergamasco innamoratosi perdutamente dei tramonti di Mondello, Di Donato, sempre in prima fila in tutti gli allenamenti dalla serie C1 in avanti, ricordo ancora le lacrime di Morrone dopo avere segnato al Barbera con la maglia del Livorno, o quelle più recenti di Ilicic, il fenomeno malinconico. Non ho mai visto un calciatore chiudere la carriera a Palermo, nella gestione Zamparini. Nessuno. Mai. Nemmeno Corini, il Capitano con la C maiuscola, che lo meritava più di chiunque altro. Ecco. Il disprezzo assoluto del senso di appartenenza. Certo, poteva andarci anche peggio. Quando vivevo a Catania, e ancora prima in provincia di Messina , non potete immaginare quante volte abbia sentito queste parole: “Voi farete una brutta fine perché Zamparini è un mercenario di fuori, noi abbiamo un presidente che è un vero tifoso”. Poteva andarci peggio, potevano capitarci veri tifosi come Franza o Pulvirenti. O uno dei tanti presidenti che opera come Zamparini, con meno faccia tosta e più ipocrisia. Il campionato italiano è questo: soffocato da dirigenti di mezza tacca, da calciatori pronti a cambiare casacca ogni sei mesi (cito solo LTPDM, per restare a noi), da bilanci pieni di plusvalenze imbarazzanti e ancora più imbarazzanti cortocircuiti fiscali, da presidenti megalomani come un dittatore congolese. E da tifosi come me, rassegnati a uno spettacolo sempre più povero tecnicamente, e sempre meno appassionante. Ricomincia la serie A, amici, e come ogni anno io sono pronto a seguirla, con la speranza nel cuore e il cuore in gola. Edilberto Coutinho scrisse queste righe, in celebrazione di Garrincha, ma con le dovute differenze vanno bene anche oggi: “L’uso che in certi casi le dittature fanno del calcio non invalida il gioco, la forza magica della sua bellezza e della sua emozione. Che continuano a prevalere. Perché il calcio, come la letteratura, se ben praticato è forza di popolo”. Noi lo sappiamo bene. 4 novembre 1995, il campo della Favorita ridotto a una pozza di fango impraticabile, Palermo-Pistoiese. Sono allo stadio con mio padre, mezzala dal destro educatissimo e spettatore dallo snobismo esasperante; l’ultima volta che l’ho sentito parlare bene di un calciatore del Palermo risale ai tempi di Roberto Manicone. Vedo i giocatori della mia squadra fare quello che ho sempre sognato, quello che facevo io da ragazzo nei terrificanti campetti in tufo della mia città, scivolare a dispetto di caviglie e menischi, fottendosene di tutto, pensando solo a divertirsi. Iachini a centrocampo regna su tutti e con la faccia coperta di terra sembra La Cosa dei Fantastici Quattro, Caterino continua a fare su e giù per la fascia come se non ci fosse un domani, ma non c’è niente da fare: è una partita da zero a zero. Poi arriva l’ottantatreesimo: Giacomo Tedesco raccoglie un pallone e tira di sinistro, la deviazione di un difensore mette il portiere fuorigioco, il pallone si dirige in porta, e mentre tutto lo stadio è già in piedi ad esultare, cozza contro la traversa. Perché è una cazzo di partita da zero a zero. Ma non abbiamo neanche il tempo di rassegnarci, Tanino Vasari è già a mezz’aria, pronto per il rimpallo. Girata al volo, faccia nel fango, uno a zero. E lo stadio esplode. Io vorrei scendere in campo e buttarmi nella pozza insieme ai giocatori, riempire di fango i miei capelli e poi restare disteso lì, a guardare il cielo novembrino. Invece guardo mio padre. È raggiante, felice come un bambino. Siamo tutti bambini in quel momento, tutto lo stadio, tutta la città. Ecco, sarebbe bello che l’era Zamparini finisse così: con un’inattesa e meravigliosa esplosione di passione primordiale. Quest’anno tanti giovani come Bentivegna, Embalo, Goldaniga potrebbero partire titolari. Tocca a voi. Divertitevi come i matti, e fateci tornare bambini. Io ci spero”. Questo quanto si legge su “La Repubblica”.