Repubblica: “Di Mariano: «Caro zio Totò, sono io lo Schillaci del duemila. Sabatini mi voleva in rosa»”

“Gli occhi spiritati di Totò Schillaci, una generazione dopo, si sono trasformati nello sguardo curioso di Francesco Di Mariano, 21 anni, palermitano, attaccante del Novara in B, nipote del capocannoniere di Italia ’90: la mamma Rosalia è sorella dell’eroe delle “notti magiche”. Parlantina sciolta e tatuaggio di Batman sul braccio, Di Mariano, a differenza dello zio, è fantasista più che centravanti. È cresciuto nelle giovanili di Lecce e Roma dopo i primi calci nella scuola calcio aperta da Schillaci a fine carriera: la Ribolla di Palermo. Difficile convivere con un parente così ingombrante? «No, in realtà ho lasciato Palermo quando avevo appena 13 anni. Di mio zio ho visto solo alcuni gol nei video su YouTube. Aveva fame, determinazione. Ma era un calcio diverso». Ha lasciato Palermo giovanissimo anche per sfuggire ai paragoni?
«No, ho sempre pensato che per fare il calciatore professionista non devi avere distrazioni. Allora è meglio farlo lontano da casa. Ho scelto Lecce anche se Sabatini mi voleva al Palermo. Ha provato a prendermi anche quando era alla Lazio». Dopo il Lecce, la Roma. «Sì, al terzo tentativo Sabatini ce l’ha fatta. Ho fatto otto panchine in prima squadra con Rudi Garcia. Mi allenavo con Totti che è una persona speciale e dava consigli anche a noi ragazzi in allenamento: “Gioca semplice, di prima”, mi diceva a Trigoria. In Primavera giocavo con Pellegrini, siamo rimasti amici. A Roma ho conosciuto la mia fidanzata Gioia. Roma ti resta nel cuore». È giallorosso? «A me piace guardare le partite e imparare dai fuoriclasse. I miei idoli sono Neymar e Hazard». Consigli da zio Totò? «A dire il vero, pochissimi. Lui è molto schivo. Mi ha sorpreso quando mi ha telefonato dopo il gol al Cittadella. Mi ha fatto i complimenti e mi ha detto di essere me stesso in campo. Di tentare la giocata senza avere paura di sbagliare, di prendermi qualche rischio. Anche il mio agente Accardi mi dice di tenere duro perché i cavalli migliori escono alla distanza. Il calcio italiano dovrebbe essere più meritocratico». In che senso? «Dovrebbe esserci meno paura di lanciare i giovani. Guardate all’estero: Mbappé e Rashford sono stati gettati nella mischia e non sono più usciti. Da noi si usa il bilancino». 21 ottobre: torna a Palermo. «Sì, con amici e parenti in tribuna. E forse sarà la prima volta che mio zio mi verrà a vedere. Che bella struttura la sua scuola calcio: 4 campi perfetti e una gabbia per l’allenamento dei portieri. Se l’è inventata lui. Mai vista un’altra cosa simile per i portieri». Ci doveva pensare un attaccante.”. A riportarlo è l’edizione odierna de “La Repubblica”.