Pagliara: «Mercoledì chiederemo di comprare il Catania»

Intervenuto ai microfoni di “TuttoC.com”, ecco qui di seguito le parole di Fabio Pagliara, segretario generale della FIDAL (Federazione italiana d’atletica leggera), è uno dei componenti della cordata che sta provando ad acquistare il Catania, per evitare così la ripartenza dai dilettanti.

La Procura ha presentato istanza di fallimento. Quanto complica la situazione questa mossa?
«Noi saremo rispettosi di quello che decideranno Tribunale e Procura. Non complica le mosse se non dal punto di vista della tempistica. Noi continuiamo seguendo la nostra road map: mercoledì ci sarà la costituzione della SpA e immediatamente, nello stesso giorno, la presentazione della nostra offerta vincolante, con tempi fissi per avere l’accettazione o meno. Ci adegueremo, comunque vada, alle indicazioni e alle attività della procura».

La Procura parla di 25 milioni di euro di debiti. Se le cifre venissero confermate, vi converrebbe prendere un club così indebitato in una categoria come la Serie C?
«Il Catania è una società estremamente indebitata col fisco, da quanto si apprende dai giornali. Si parla di 15 milioni più il mutuo di Torre del Grifo, gli stipendi e altri creditori. È chiaro che non si tratta di un’operazione commerciale che non avrebbe senso ma di un atto d’amore, per difendere posti di lavoro e per difendere la matricola che a Catania vale molto come fede, cuore e attaccamento alla città. Se il ragionamento fosse solo di tipo economico non ne varrebbe sicuramente la pena. È un atto d’amore con la certezza che verrebbe poi ricambiato dalla città. Si lavora su un piano un po’ irrazionale, di sentimenti e non solo commerciale e strettamente politico».

La presenza della cordata “texana”, in realtà italianissima, vi ha creato problemi?
«La presenza di tale cordata, che poi si è scoperto che non c’era, non crea nessun tipo di problema. Poi ci sono le scelte che fa il Calcio Catania o il Tribunale. Dico sempre, a titolo personale, che se arrivasse qualcuno con un sacco di soldi che fa una grande offerta o dà maggiori certezze dal punto di vista delle strategie e della governance, a me andrebbe bene. La speranza è che si tratta di competitor seri e non situazioni da commedia all’italiana».

Qual è adesso il vostro piano per salvare il club?
«Non un solo proprietario ma una società a capitale diffusa che in prospettiva avrebbe l’innesto di nuovi soci una volta concluso l’affare. E che in futuro potrebbe aprirsi all’azionariato popolare. L’idea dell’acquisizione è questa, il piano industriale terrebbe conto della situazione post-Covid che si muoverebbe molto sull’innovazione, sulla digitalizzazione, un piano glocal. Tendere allo sviluppo cittadino, al marketing territoriale ma allo stesso tempo aprirsi al mondo, visto che i catanesi lontani dalla propria città e dall’Italia sono tanti e vorremmo coinvolgerli nelle nostre iniziative sfruttando i moderni mezzi di comunicazione. Ipotizziamo una società molto moderna, per rimanere in società chiederò questo spirito di innovazione».

Non pensate sia più semplice ripartire dalla Serie D?
«Sarebbe stato molto più facile ripartire dai dilettanti, non c’è dubbio. Ma, come detto, si tratta di un atto di cuore».

Nel caso di fallimento, provereste a prendere il Catania anche tra i dilettanti?
«Parlo a livello personale: non ho per nulla preso in considerazione tale ipotesi, ho messo la faccia per salvare titolo e matricola, non per avere il ruolo in una società di calcio. Non mi permetto di parlare a nome degli altri componenti della cordata. Per quanto mi riguarda avrei grandissime perplessità nel pensare di svolgere attività senza la matricola storica e senza aver fatto di tutto per salvare i posti di lavoro. Per me non è quindi all’ordine del giorno la Serie D».