Moreo il gigante di Brescia: «Io, da Kakà a Ibra, esulto come il pollo. Palermo? È una piazza da calcio vero»”

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” riporta un’intervista all’ex attaccante rosanero Stefano Moreo.

Vola alto Stefano Moreo. L’Ibra della Serie B, capocannoniere del Brescia, miglior realizzatore di testa del torneo, 191 centimetri di tecnica e un pizzico di irriverenza, vista l’esultanza con il gesto del pollo riferito al difensore che non è riuscito a impedirlo. Soprattutto al Rigamonti (8 gol su 9), soprattutto nella porta sotto la curva Nord (6 gol su 8).

Cosa succede in quello stadio e in quell’area? «Giocare davanti ai tuoi tifosi dà più carica, segnare sotto la curva e fare festa con loro è il massimo. Ci vorrebbe però qualche gol in più fuori casa…».

Magari qualche rigore. «Ci pensa Pajac, è bravissimo».

Come nasce l’esultanza con la mano che imita il… pollo? «Per caso a Empoli con il mio amico Luca Antonelli. Come dire, scherzando, che gli avversari mi hanno lasciato segnare e non sono riusciti a prendermi».

Nove gol è il suo record in B: ne manca uno e raggiunge quello in C. Anno magico? «Venivo da due anni difficili a Empoli con tanti infortuni. Ero certo che se fossi stato bene avrei fatto un bel campionato, e così è stato. A Brescia ho sentito la fiducia e mi trovo bene».

Da Inzaghi a Corini cosa è cambiato per lei? «Inzaghi alternava molto le punte: siamo in tanti e forti, sceglieva in base alla partita. Corini non ha mai cambiato, ci chiede più coraggio e più verticalizzazioni, dobbiamo coordinarci con il trequartista. Io mi sono sempre adattato, dopotutto conta fare gol e li sto facendo. Ma so che se non funziona, dietro c’è gente che scalpita».

Credete ancora nella promozione diretta in Serie A? «Certamente, fino all’ultima giornata ci sarà da crederci: viste le distanze ridotte può succedere di tutto. Gli scontri diretti potrebbero essere decisivi».

E voi lunedì avrete il derby a Monza: chi non vince è fuori? «Se si perde si farà durissima, se si pareggia forse…».

Sfiderà il suo ex compagno Mancuso: lui è di Lacchiarella, lei di Assago, a soli 11 km. «A Empoli uscivamo insieme, siamo amici, ci sentiamo spesso e sarà un piacere rivederlo: è fortissimo, ha fatto solo un gol e spero non si sblocchi proprio adesso. Anzi, spero che lo faccia alla penultima col Benevento».

Vi siete conosciuti nelle giovanili del Milan, e poi? «Invece di andare in un’altra Primavera ho scelto la Serie D, campionato che forma di più. Sono andato alla Caronnese e devo tanto al tecnico Cotta».

Dopo il salto nei professionisti ha sempre giocato per vincere. Partiamo dalle promozioni in B con Entella e Venezia. «La prima bellissima, al primo anno da professionista, sempre titolare con Prina. La seconda eravamo nettamente i più forti e lì è nata la stima di Inzaghi, che mi ha voluto a Brescia».

Poi ci sono state le amarezze dei 18 mesi di Palermo. «Il primo anno abbiamo perso la finale playoff in quella serataccia a Frosinone. Il secondo invece la squadra è stata esclusa prima dei playoff, un peccato: sul campo era stato bellissimo, Palermo è una piazza da calcio vero, sembrava di stare in Serie A, ci sono rimasto malissimo».

Per essere promosso in A è dovuto andare a Empoli. «Una dimensione diversa, ma dove si fa calcio molto bene, mi ispirava e sono contento di quella scelta: peccato per gli infortuni. E finalmente l’anno scorso in A ci siamo andati…».

Ma ci giocherà anche in A? «E chi non vorrebbe? Ci si può arrivare a ogni età, bisogna crederci e volerlo. In D era un sogno, poi crescendo è diventato via via un obiettivo, perché bisogna andare sempre per gradi: la C, la B e ora la A. Io non sono un fenomeno, io mi devo costruire, i fenomeni sono altri».

Chi sono? «Forse in A ci sono meno campioni rispetto a qualche anno fa. Da piccolo guardavo Ronaldo il fenomeno, oppure Kakà: sono arrivato al Milan nello stesso suo anno (2003, ndr ). Adesso c’è Ibra. Ecco, se arrivo in A spero che non si ritiri prima…».