Lippi: «Napoli? Domenica contro il Palermo la dovevano buttare dentro anche con…»

“Marcello Lippi è in Italia per il Capodanno cinese e si è goduto una domenica di campionato che sembrava interlocutoria, ma non lo è stata. «Prima però mi sono goduto Federer-Nadal. Mi hanno entusiasmato anche nelle interviste: due grandi amici che si sono affrontati con stima, considerazione e capacità di soffrire. È stato un magnifico esempio di vita: speriamo sia stato recepito, soprattutto dai più giovani» Nel calcio personalità così forti esistono? «Sì, ho conosciuto uomini veri, i cosiddetti leader. Che sono ben diversi dai tanti galli nel pollaio. Sono stati la mia fortuna e li ho saputi gestire bene». Quando parla di troppi galli, non farà mica riferimento ai tanti attaccanti della Juve? «No, anzi. Il cambio di modulo è arrivato al momento giusto, a testimonianza che Allegri è un tecnico con delle idee e sa cogliere il momento in cui vanno messe in pratica. Le idee però le devono avere anche gli altri». Si riferisce alla Roma? «Non mi aspettavo una frenata così. Con tutta la simpatia che provo per la Sampdoria, in un momento così positivo, in vantaggio due volte, te la giochi per lo scudetto fino in fondo: non pensavo che lasciassero la partita così». Ci sono stati anche degli errori arbitrali. «Le grandi squadre non si attaccano a questo: quando si lotta per lo scudetto e c’è da tenere il risultato in mano lo tengono stretto». Vale a maggior ragione anche per il Napoli, che si è salvato in casa contro il Palermo? «E dire che è una squadra che ha saputo soffrire e superare la partenza di Higuain e l’infortunio di Milik, inventandosi nuove soluzioni. Ma in certi momenti della partita di domenica la dovevano buttare dentro anche con il fiato». Al di là dei fatturati, cresciuti con le vittorie di questi cinque anni, in certe situazioni la Juve ha ancora qualcosa in più? «È la verità. Ogni tanto anche la grande squadra non c’è con la testa: la mia Juve nel 1997 perse con l’Udinese 3-0 dopo aver battuto il Milan 6-1 e l’Ajax in semifinale di Champions. Ma nel momento in cui ti stai giocando tutto non puoi lasciare per strada le occasioni». L’ha sorpresa il gesto di Dybala che non ha stretto la mano ad Allegri? «Una volta Ravanelli fece un gesto da lontano e io poi dissi che era rivolto a un suo amico in tribuna: sono cose che succedono spesso e Allegri fa bene a sottolineare soprattutto l’importanza che ha il riconoscimento della dignità di chi entra al posto tuo, che fatica come te in settimana, forse anche di più». Ci sono analogie tra questa Juve e la sua col tridente Del Piero-Vialli-Ravanelli? «Del Piero faceva tutta la fascia, gli altri due si alternavano, ma davano anche loro una mano. Però dietro c’erano tre centrocampisti di interdizione. Questa Juve è più spregiudicata, ma vedo che il sacrificio si accompagna all’entusiasmo dei protagonisti, che si rallegrano della qualità delle loro giocate». Forse solo la sua Italia al supplementare con la Germania aveva una formazione così d’attacco, non trova? «Sì, c’erano Iaquinta, Totti, Del Piero, Gilardino. Non si giocava più a centrocampo, era attacco contro difesa. E la nostra era in stato di grazia, con Gattuso e Pirlo davanti. L’analogia con questa Juve sta nella forza della difesa». Il Milan si sta assestando in una dimensione più consona al proprio potenziale? «Ha iniziato un percorso, con una mentalità importante e una squadra che gioca a calcio. Ma adesso servono altre cose. E credo che sia volontà della società stessa chiarire la situazione della proprietà e andare avanti con questo progetto: le persone giuste, a partire da Montella, ci sono». L’anomalia dell’Inter invece era la classifica precedente, più che quella attuale? «Sono d’accordo e quella chiarezza necessaria di cui parlavo per il Milan, all’Inter è già arrivata. Ma la ciliegina sulla torta è stato l’allenatore: Pioli ha portato saggezza, equilibrio, cultura calcistica, entusiasmo e carattere. I risultati stanno arrivando, la squadra crea, si diverte, ha qualità nelle giocate: i giocatori sembrano i cugini di quelli di prima. Per questa Inter adesso tutto diventa possibile». Buffon dice che l’Inter gioca meglio di Real e Barcellona: è l’eterna lotta psicologica MilanoTorino che comincia già, in vista della partita di domenica prossima? «No, Gigi non fa lotte psicologiche, ma lotte di vita. E le vince sempre. Ha detto la verità, anche se probabilmente molte altre squadre adesso giocano meglio delle due grandi spagnole. Che però poi quando arrivano le partite vere si ritrovano sempre». La Juve può sperare in Champions di competere fino in fondo con Real e Barça? «Cosa c’entra la Juve col Real, mi scusi? Prima ci sono gli ottavi. Ho il giusto ottimismo: sono convinto che il Napoli creerà problemi al Real». L’ha sorpresa l’impatto così forte di Conte in Premier League? «Mi ha piacevolmente sorpreso la qualità del lavoro che ha fatto, considerato che i problemi non gli mancavano. Ha fatto delle scelte, ha cambiato il modo di difendere. E sta facendo scuola, dato che sette squadre del campionato adesso giocano con la difesa a 3 come la sua». In Cina è l’anno del Gallo. Anche in Italia? «Sì, Belotti mi piace molto, mi ricorda Vialli, fa molto movimento, dà molta profondità, può giocare anche da solo». Con lui, Donnarumma, Gagliardini e altri, il futuro azzurro non sembra tanto male. «Se penso che Ferrara qualche anno fa per i titolari dell’Under 21 pescava in serie C, direi che è proprio un bel momento per la rinascita nazionale. Ventura sta facendo molto bene e ha belle idee. Ci sono giovani con grandi qualità e che finalmente giocano. È questa la grande differenza». Donnarumma affronta le prime critiche. «È il destino dei grandi portieri: all’esordio di Buffon con la Juve, gli scappò la palla dalle mani. Vincemmo, poi gli dissi: “Sarai attaccato e criticato in maniera enorme, perché sei un grande portiere”. A quelli normali non succede». Il calcio cinese visto da fuori sembra soprattutto una questione di (tanti) soldi. Si sta seminando qualcosa di interessante? «È proprio quello che ho detto al presidente della federazione: la crescita non dipende dal numero di giocatori stranieri che compri, quello semmai può migliorare lo spettacolo. Ma bisogna aumentare le strutture, che sono poche, formare istruttori bravi e mettere il calcio nelle scuole per crescere giocatori cinesi più forti. Piano piano, lo stanno facendo»”. Questa l’intervista a Marcello Lippi realizzata da “Il Corriere della Sera”.