La Stampa: “Juve, dall’indagine «emersa prassi di distruggere documenti»”

L’edizione odierna de “La Stampa” si sofferma sulla situazione relativa alla Juventus con delle indagini in corso.

Il risparmio fu enorme, non vi sono dubbi: 90 milioni di euro rimasti nelle casse societarie che la Juventus potè comunicare con orgoglio (e con una nota ufficiale sul sito della società) grazie «al senso di responsabilità dimostrato da calciatori e allenatore cui va il nostro ringraziamento per il particolare frangente che stiamo vivendo». Era marzo 2020, il Covid dilagava, a Torino si raggiunse un accordo a suo modo straordinario: i calciatori “rinunciarono” a quattro mensilità di stipendio e il bilancio, in difficoltà per i mancati incassi con gli stadi chiusi, sorrise.

Ma questa storia, a larghi tratti virtuosa, è entrata ufficialmente nell’inchiesta Prisma divenuta pubblica a dicembre scorso sui conti ipoteticamente alterati dalle plusvalenze profilando un’ulteriore contestazione di falso in bilancio. Già perché secondo la procura, in relazione alla manovra stipendi 2019-2020 «non si sarebbe di fronte alla rinuncia di quattro mensilità ma al differimento del pagamento di tre dei quattro ratei in questione indipendentemente dalla ripresa o meno di quel campionato». Di cui la Juventus avrebbe beneficiato ottenendo un cospicuo risparmio «ma omettendo – si legge agli atti delle perquisizioni eseguite ieri mattina dalla Guardia di Finanza di Torino in numerosi e rinomati studi legali di Milano, Roma e Torino alla presenza dei magistrati titolari dell’indagine – di rilevarli come debiti a livello patrimoniale».

Un risparmio puro, netto, che avrebbe alterato anche il bilancio successivo secondo i pm e gli investigatori perché non sarebbe stato contestualmente caricato quel «debito incondizionato». I tre quarti dei minori costi sugli ingaggi in quel frame temporale ammonterebbero a circa 67 milioni di euro. La procura – pm Marco Gianoglio, Ciro Santoriello e Mario Bendoni – ipotizza dunque di fatto una nuova condotta di reato «essendo emersi elementi concreti di ulteriori falsi in bilancio unitamente al profilo già riscontrato delle plusvalenze artificiali». Questo perché – per i magistrati – le cosiddette «manovre stipendi attuate in quegli esercizi (di bilancio, ndr) con plurime scritture private tra società a calciatori non sono state (peraltro) depositate presso gli organi competenti».

L’upgrade dell’indagine registrato ieri è nato dal ritrovamento di «appunti manoscritti e corrispondenza di posta elettronica» a proposito di questi accordi avvenuto nelle precedenti perquisizioni nell’ufficio dell’avvocato Cesare Gabasio, General Counsel e Chief Legal Officer della Juve dal gennaio 2021. Negli atti dell’inchiesta – che continua a contare sette indagati come da principio tra cui Andrea Agnelli, P ni effettuate all’epoca nella sede societaria». Di più: «è emersa la prassi di custodire all’esterno della sede alcuni documenti riservati poi destinandoli alla distruzione una volta esaurita la funzione di garanzia». Da qui i blitz in noti studi legali (ma solo negli uffici di alcuni avvocati) che nel tempo (e sul punto) «si sono interfacciati con i dirigenti della Juventus per le posizioni sui singoli giocatori ricevendo anche le bozze poi concordate e sottoscritte».