La Stampa: “Gli psicologi studiano i giovani in quarantena: “Spesso trascurati dai genitori in telelavoro”. Soli e in ansia per il futuro, tutte le angosce dei ragazzini”

L’edizione odierna de “La Stampa”, si è soffermata sulla situazione dei giovani in questo difficile periodo di quarantena. In merito a ciò, è intervenuto Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta e presidente di “Di. Te”, Associazione nazione dipendenze tecnologiche: «In queste ultime settimane sono triplicate le telefonate al nostro numero verde di genitori in cerca d’aiuto e la dinamica è quasi sempre la stessa: adolescenti in preda ad attacchi di ansia, con uno stato di terrore che li blocca in tutto, incapaci di guardare al dopo e timorosi, in questa cosiddetta “Fase 2”, di diventare untori, di diventare pericolosi per gli altri. Sono stati bravi, apparentemente tranquilli, serenamente chiusi nelle loro camerette, iperconnessi e ligi alle regole: ma noi adulti non ci siamo accorti che molti di loro stavano
male, malissimo, e non hanno rielaborato questa complicato vissuto».

I dati di una ricerca, realizzata in collaborazione con Skuola.net, su oltre 9mila giovani tra gli 11 e i 25 anni affermano che tre su quattro si sentono soli, il 77% ha cambiato gli orari del sonno, uno su due ha modificato abitudini alimentari, il 30% ha messo come emozione principale di questo periodo la noia e uno su tre teme per il suo futuro. «Questo è il nodo centrale – afferma Lavenia – non sanno raffigurarsi quello che accadrà. Fondamentale parlare con loro, dire la verità, chiedere cosa si aspettano, capire che informazioni hanno ed equilibrare le visioni troppo pessimistiche. Vanno aiutati nell’esplicitare l’angoscia, per evitare che si trasformi in senso di vuoto,anticamera della depressione».

E se il 90% ha ammesso di aver tentato di commentare la solitudine con i social, il 52% ha dichiarato di aver intrapreso attività come cucinare nuove ricette, disegnare, fare musica e canto o sperimentare hobby manuali.«Cosa avresti fatto in questi due mesi senza tecnologie? È significativo: i social fanno vivere emozioni, ma per creare legami servono sentimenti, e in questo il digitale fallisce. Ragazze e ragazzi, a modo loro, ci chiedono presenza. Confronto. Contaminazione. Ed ora bisogna esserci, perché vanno preparati alla ripartenza: ci siamo dimenticati di loro prima, non rifacciamolo adesso. In cambio avremmo adolescenti fragili, spaventati e chiusi in loro stessi».