La lettera di Mughini: “Feltri è ‘uno che ci fa’. Io sono fuggito a gambe levate da Catania”

L’intervento del direttore di Libero Vittorio Feltri parlando di “meridionali inferiori” ai microfoni della trasmissione ‘Fuori dal coro’, su Rete4, ha determinato una lunga serie di polemiche. Il catanese Giampiero Mughini, che non si è mai vantato di essere meridionale, scrive una lettera attraverso il sito dagospia.com:

Caro Dago, te la faccio breve breve. Vittorio Feltri – uno che conosco come le mie tasche per avere scritto a lungo su due giornali da lui diretti – è semplicemente “uno che ci fa”. Misura le spacconate e le bravate, una dopo l’altra, perché sa che di quelle si nutre la civiltà massmediatica.

Lascia andare, come fosse una bomba a scoppio ritardato, l’affermazione che i meridionali sono “inferiori” e per una settimana almeno ecco che c’è chi manda appelli accorati a difesa dei meridionali, chi vuole Vittorio morto, chi fa riferimento ai sacri valori della Costituzione, chi si appicca al petto la medaglia di meridionale, chi vuole deferire Vittorio e persino Mario Giordano a non so quale supremo Tribunale. Dio che sciocchezze. Te ne sta parlando uno che non si vanta affatto di essere meridionale e che dalla sua città di origine (Catania) è fuggito a gambe levate nel gennaio 1970. Uno che se glielo chiedono che cos’è, risponde di essere italiano. Uno che ha nel sangue i libri di Leonardo Sciascia, Luigi Pirandello, Vitaliano Brancati e tanti altri.

Diciamo semplicemente che non è facile essere meridionali, e diciamo pure che il nord ha conosciuto lo sviluppo che ha conosciuto a forza di meridionali immigrati che avevano due coglioni grossi così. Tutte cose che Vittorio sa a puntino, anche se la prossima volta che capiterà l’occasione ne sparerà un’altra delle sue. Anzi non vede l’ora. Perché è così che funzionano i massmedia, bellezza. Vittorio avesse scritto un poema superiore alla “Divina Commedia”, sui giornali si sarebbe guadagnato tutt’al più un trafiletto.

Abbiamo tali e tanti problemi, lasciamo stare le logomachie. Uno di questi problemi è che ci sono due Italie, l’una che finisce a Roma e l’altra che comincia a Roma e questo dopo 150 anni di presunta Unità d’Italia. E’ questa la discussione drammatica cui dobbiamo apprestarci e senza che nessuno abbia le spiegazioni bell’e pronte. E’ questa la discussione che dobbiamo tenere aperta nella mente e nel cuore di noi cittadini italiani del terzo millennio. Ciao Vittorio, ciao direttore, ti voglio bene”.